
12 ottobre 2006. Il fotoreporter italiano Gabriele Kash Torsello, viene rapito nel tragitto che da Lashkargah conduce a Kabul in Afghanistan.
Uomini armati fermano l’autobus (…credevo si trattasse dell’ennesimo controllo di routine…) su cui viaggia, lo prelevano “a colpo sicuro” e lo conducono in una prigione con l’accusa di spionaggio.
Inizialmente incredulo, Torsello cerca di mantenere la calma continuando però a porsi domande sul perché del rapimento. L’esperienza vissuta e le modalità del sequestro lo inducono tuttavia ad escludere responsabilità ascrivibili ai Taliban.
Viene rilasciato tre settimane dopo. Nel governatorato di Helmand si sospetta il coinvolgimento di ambienti di polizia deviati.
Nel suo nuovo libro “Afghanistan,Camera oscura” (320pp, KGT Edition) a distanza di quasi 5 anni dalla vicenda ripercorre con lucidità i momenti salienti di quella esperienza, raccontando in maniera puntuale e coinvolgente – anche attraverso immagini suggestive - fatti ed emozioni utili a far luce definitivamente su alcuni aspetti ancora controversi.
Ricorda tutti i momenti di quel lungo periodo di prigionia, regalando ai lettori uno spaccato davvero emozionante conducendoli in un viaggio nella cultura, nell’essenza e nelle contraddizioni di un paese dove, spesso, un limite sottile divide la legalità dal crimine. E lo fa con doti di abile scrittore.
“La vera liberazione è accaduta realmente pochi giorni fa, quando per la prima volta ho avuto modo di iniziare a raccontare esattamente ciò che è avvenuto in quel periodo, e dar voce a tutti i momenti salienti che hanno caratterizzato quell’esperienza”ci dice lasciando trasparire una certa emozione nel rivivere quei giorni.
Aggiunge, inoltre, di averlo fatto per “chiarire e descrivere tanti fatti che permettono di capire cosa è accaduto realmente, smontando quell’informazione che a volte i media sono costretti a seguire consapevolmente e inconsapevolmente”.
Dottor Torsello,nel libro dedica una parte importante al rapimento che colpì molto l’opinione pubblica. Quali furono i momenti salienti di quell’esperienza difficile che ricorda maggiormente?
“Non sono stato sequestrato dai Taliban, l’ho detto più volte e non è servito a far correggere l’onda mediatica che continua ancora oggi a ritenerli responsabili. Ora nella pubblicazione ‘Afghanistan CameraOscura’ fornisco molti dettagli che provano l’evidenza: i Taliban non sono responsabili del mio sequestro, anzi pare che loro abbiano collaborate al mio rilascio. Con ciò non voglio difendere il movimento ‘Taliban’ ma solo far chiarezza. I Taliban sono responsabili per molte atrocità, come altri, in Afghanistan ma non per questo devono essere ‘utilizzati’ come capro espiatorio, come la giustificazione ad ogni problema. In Occidente si tende ad identificare il nome di un ‘nemico’ ed incollargli tutte le colpe. Ciò può agevolare qualcuno, ma certamente non aiuta ad analizzare una problematica e risolverla. I problemi esistono per esseri risolti e non per essere camuffati e ignorati, altrimenti gli stessi problemi continuano a crescere e a ripresentarvi in maniera più difficile e complicata da risolvere.
Lei è un ritornato all’Islam. Cosa è cambiato?
“In realtà nulla è realmente cambiato.Quell’esperienza ha rafforzato in me il pensiero che la religione continua ad essere sfruttata e strumentalizzata dall’essere umano. E nel caso specifico ribadisco che il musulmano non rappresenta necessariamente l’Islam. Ancora una volta riscontriamo un onda mediatica finalizzata a obbiettivi politici più che informativi. Ciò è evidente quando un qualsiasi fatto di brutta cronaca accade: se un reato viene commesso da un cittadino qualunque, il fatto viene riportato identificando il cittadino con le generalità di nascita e/o di residenza non menzionando se è cristiano, hindu o ebreo. Se lo stesso crimine viene commesso da un cittadino qualunque ma di fede Islamica, la notizia viene riportata evidenziando principalmente la religione ‘un musulmano ha commesso…..’
Il Medio Oriente è stato spazzato da un vento di rivolta senza precedenti. Quali sono le cause della situazione attuale e quali le prospettive future?
Le cause attuali sono le stesse che ci hanno portato ad una situazione in cui sia la società che la natura sono molto inquinate: il soldo, l’economia. Viviamo in un mondo in cui si è innalzato in cima alla vetta l’economia e a seguire tutto il resto. Un mondo in cui ‘il fine giustifica i mezzi’ indipendentemente dal mezzo che si utilizza. Tutto è lecito purché si raggiunga quel fine economico immediato e che a distanza di tempo inizia a crepare perché cresciuto e alimentato da mezzi spesso ingiusti ed erosivi.
Il cambiamento è semplice ma occorre una forte volontà priva di compromessi: sulla vetta del nostro mondo occorre scalare l’economia al secondo posto e lasciare la cima, la testa, all’essere umano. Se tutte le decisioni fossero prese partendo dai valori umani comuni sarebbe il ‘mezzo’ a giustificare il fine e non il contrario, e dovremmo ottenere l’utile ma un medio-massimo sforzo, tale da non compromettere e da non danneggiare il mondo che dobbiamo custodire, tutelare e consegnare per la prossima generazione, e per i figli dei figli dei nostri figli”.
A Suo avviso, quali potrebbero essere le possibili influenze di gruppi estremisti nel cavalcare e condizionare la protesta?
Riguardo ai gruppi estremisti (di ogni genere) questi sono liberi di agire quando in un Pese c’e’ caos e guerra e sicuramente ne potrebbero trarne vantaggio se la condizione libica continua a rimane molto instabile. A proposito di questo, sono stato colpito dalle dichiarazioni di alcuni politici italiani rilasciate ai media durante i primi giorni di attacco in Libia. Dicevano “E’ un fatto molto positivo che in queste rivolte non abbiamo visto bruciare la bandiera americana o simile…, significa che tra i ribelli non ci sono estremisti…’
E cosa pensano, mi chiedo, che gli eventuali estremisti si ‘pubblicizzano’ proprio nel momento in cui qualcuno gli sta creando i presupposti per poi agire?