
Dirk pensò allora di prendere l’aereo delle due e trenta. Certo, era stata una bella scena, una gran bella scena da western metropolitano. Valeva la pena mettere a repentaglio la pelle solo per lasciare un simile ricordo impresso nella memoria di qualche psicopatico che fosse sopravvissuto al trauma di una 45 che svuota tre caricatori nell’arco di sei, massimo sette minuti. Sette minuti in cui il Downtown cafe si era fatto un’idea di cos’era l’inferno, e in parecchi avevano rischiato di andare a vedere se Dio esisteva oppure no. Dirk per primo. Era lui quello dei tre caricatori e della Springfield 45, ma adesso gliene restava soltanto uno dopo la grandinata. Ne aveva schivate di fighette calibro nove, e perfino il serbatoio intero di un fucile a pompa che quasi apriva un cratere al posto di quel fetido locale, ma ne era uscito vivo. Strafatto di coca magari, con anfetamine che gli coloravano gli iridi degli occhi, ma pur sempre vivo. Per quanto tempo si sarebbe sentito così, mentre sfrecciava sulla Jaguar rubata per seminare gli ultimi, eventuali scagnozzi di Lester Coggins? Due milioni di dollari, la somma che doveva a Lester, ed erano ancora nella valigetta di coccodrillo, ancora suoi. Dirk si mise a ridere dopo aver fatto derapare le gomme in una curva a gomito. Che cazzo di follia aveva combinato! Valeva una condanna a morte certa, ma prima dovevano prenderlo, e con le infiltrazioni di piombo che aveva fatto nel ginocchio destro del vecchio Coggins poteva star certo che perfino i suoi fedelissimi ci avrebbero messo un po’ di tempo per riprendersi e sguinzagliarsi come cani da caccia dietro ad un leprotto. Dio che notte! Non aveva sentito nemmeno il rumore degli spari, nemmeno l’odore della polvere detonata, gli era rimasto solo un pensiero libero, dedicato a quei due milioni di dollari che stava per bonificare sul suo conto corrente immaginario a causa di un corto circuito cerebrale che gli aveva fatto credere di essere invulnerabile. O lo era? Quanti colpi era riuscito a NON prendere? Adesso, però, doveva calmarsi, doveva recuperare un minimo di logica. Basta interpretare la parte del supereroe, benchè si sentisse tale. Prese ad una velocità proibitiva per una Jaguar la curva che immetteva nella sessantaseiesima, fece scattare lo zippo e un cerchio di brace brillò dietro il parabrezza. Ah, il sapore acre e materno della sua Chesterfield… Non avrebbe potuto farne a meno. Quante ne fumava? Tre pacchetti al giorno? Nemmeno un po’ di fiato corto dopo una rampa di scale. Dirk, quarantaquattro anni, qualche asola ce l’aveva anche lui sulla spalla e sul fianco destro, ma i colpi erano sempre usciti dall’altra parte senza lesionare organi vitali. Fanculo agli scagnozzi di Coggins, ormai nello specchietto retrovisore non vedeva fanali da un pezzo, e la città stava dormendo. Si fermò per gustare il fumo catramoso della sua Chesterfield. E si fermò proprio su un ponte, la carreggiata ampia, deserta, non passava nessuno sui marciapiedi. Si appoggiò alla balaustra, l’acqua scorreva veloce e nera. E gli venne un pensiero, il più ovvio del mondo, nella sua testa. Perché non buttarsi giù? Dopotutto, aveva compiuto un’impresa storica, cos’altro c’era da fare, nella vita? Aveva ferito Lester Coggins e sgominato la sua banda di scacciamosche. Li aveva fregati tutti. Cosa gli avrebbe acceso di nuovo un simile fuoco nel sangue? Diede un colpetto con l’indice alla sigaretta e un piccolo cono di cenere si disperse nell’aria ventosa. “Forse è questa la vita di un uomo. – pensò – Arrivare al culmine e poi decidere se bruciare subito o…” Una pattuglia giunse dall’altra estremità del ponte a sirene spiegate. Si fermò con cinematografico stridio di freni proprio dietro la Jaguar parcheggiata con le quattro frecce. I due agenti a bordo scesero con le pistole spianate, riparati dagli sportelli aperti, ma sulla Jaguar non c’era nessuno, e nemmeno davanti alla Jaguar, o di lato, sul marciapiede. Uno dei due agenti ebbe la strana idea di correre a guardare oltre la balaustra, dove un salto di almeno venticinque metri lo separava dalle gelide acque della notte. Ovviamente non c’era che buio laggiù, e nessuno stava tentando di scendere dal reticolato dei piloni di sostegno. Dirk smise di correre quando sentì la macchina della polizia fermarsi, ed ormai era già dall’altra parte, sulla soglia di altre case, altri palazzi, altri bar di spogliarelliste per magnati russi e cinesi. Per un attimo, quando il suo udito sovrannaturale aveva colto da lontanissimo la sirena, aveva seriamente pensato di sparire nel modo più facile, e di finire così una carriera perfetta. Invece eccolo di nuovo, con altri sette colpi a disposizione e una valigetta che pesava più di quanto gli sembrasse. Si accese una Chesterfield e varcò il confine. La città lo inghiottì, e avrebbe potuto farlo per sempre. Ma non aveva che da prendere un taxi e farsi portare all’aeroporto, e allora sì, sarebbe sparito continuando a respirare. Camminava deciso, il volto di pietra scolpito nella sua solita espressione torva, con quel naso da pugile scoppiato, gli zigomi alti e la barbaccia incolta che quasi gli ricresceva prima ancora di aver passato la lametta del rasoio. I suoi occhi chiarissimi rovistavano fra i dettagli a destra e a sinistra, in cerca di minacce, ma a lui non capitava mai questo genere di problema. Oltre a sette pesanti colpi aveva anche una fortuna sfacciata dalla sua. Quella macchina sul ponte era l’ultima cosa che lo legava alla sparatoria del Downtown cafe, la polizia non avrebbe avuto altro modo per rintracciarlo, almeno non entro la notte. In un certo senso, la sua vecchia vita si era davvero gettata da quella balaustra. E adesso che avrebbe fatto? Che esistenza si sarebbe ritagliato, in Sud America? Qualche bel vestito, una Cadillac, o un’altra Jaguar, questa volta sua. Magari una casa in riva al mare, perché no? Ma lui l’avrebbe messa nel caffè, la polvere da sparo. Era cresciuto, in quella polvere, ce l’aveva nella testa, nel sangue. Gettò a terra il mozzicone per scoprire che il suo pacchetto di sigarette era quasi al capolinea. Avrebbe comprato qualche stecca al Duty Free dell’aeroporto, ma, intanto, aveva bisogno di altro catrame per tirare l’orario giusto. E magari di un bello spettacolo da perdenti. Non gli sarebbe dispiaciuto, in fin dei conti, vedere un paio di tette sballottate attorno ad un palo, anche se non era proprio il suo genere. Per lui, le donne erano sempre state argomento off limits. Però sì, certo, guardare una ragazza ballare a quale uomo non piacerebbe? E quindi entrò nel Blue Eyes, il primo locale che trovò, e la luce fumosa, all’interno, teneva fede al nome. Una ridente cameriera mezza nuda gli passò una mano sul bavero della giacca di pelle ma lui non si scompose nemmeno per un attimo. Andò dritto al bancone e ordinò whisky liscio e due pacchetti di Chesterfield. Scolò il bicchiere, ne ordinò un altro, scartò le sigarette, se ne accese una e bevve ancora. Il fumo velò il suo volto grigio e immobile. Quel che gli restava dell’adrenalina andava spegnendosi, e questo lo confondeva, tanto che quasi non sentì i fischi del pubblico rivolti, presumibilmente, alla donna che stava cantando sul palco dietro le sue spalle. Non che gli importasse gran che, ma era davvero sgradevole fischiare a una donna. Si voltò e, al momento, non mise bene a fuoco. Vide una bianca sulla cinquantina che stava cantando una versione acustica di Hallelujah e suonava anche la chitarra. Non cantava affatto male, non troppo male, diciamo, dunque non capì i fischi della plebaglia in sala, svaccata ai tavolini a insaporire le noccioline con la birra. Poi una fuggevole immagine di una donna a cavallo gli passò nella chimica alterata dei suoi processi mentali. Si voltò di scatto, fissò bene la cantante che, nonostante i fischi e le risate, continuava con dignità il suo lavoro, la testa china, il buio nel cuore ed altro ancora, fratelli! Dirk fu percorso da un brivido, afferrò il barista per la spalla e quasi gliela stritolò. “Ehy! – disse – E’ per caso Lucy Landon, quella che canta?” Il cameriere non sentì. “E’ Lucy Landon, la cantante?” “Ah… - sorrise il barista – sì, o quel che ne rimane.” Dirk lo lasciò andare e sentì una stretta allo stomaco. C’era stata una sola cosa a consolarlo nel carcere di South Beach, quando ci era finito dentro che aveva poco più di vent’anni, e ci era rimasto, Dio se ci era rimasto per un furto di poco conto! i telefilm di Xenia, la regina guerriera. Erano ambientati nel medioevo e una donna bionda di straordinaria bellezza, o a lui così sembrava, scendeva in battaglia sul suo cavallo, a capo del suo esercito, o da sola, contro nemici malvagi. Un telefilm da quattro soldi, con una bella biondona tutta tette e armature sexy e altre comprimarie che si contendevano la scena in quella che era la struttura di un film porno, ma in versione per bambini e ragazzini. E la protagonista era… “Ehy, Lucy, quanti anni hai, un centinaio?” Gridò uno dei clienti ai tavoli, e tirò alla cantante alcune noccioline che raccoglieva dalla ciotola con la sua manaccia pelosa. Altri risero e lo imitarono, ma il lancio di noccioline finì presto, perché la mano villosa che le aveva scagliate per prima si ritrovò ritorta sul polso. “Chiedile scusa, ispanico.” Ringhiò Dirk mentre gli piegava la mano sempre di più. “Ho detto chiedile scusa. Sei sordo, ispanico?” Il tizio accanto all’ispanico si alzò rimediando subito una bella gomitata sui denti, e buonanotte. Alla fine si sentì un crack come di legno che si spezza, e l’ispanico urlò più forte. Un altro tizio si avventò su Dirk con l’unico esito di continuare il suo volo verso il bancone e di finirci contro con la testa quasi fracassata. “Oh, merda!” Urlò il barista, e tirò fuori una doppietta che non fece nemmeno in tempo a puntare. Dirk aveva la sua quarantacinque spianata e girava su se stesso per tenere a bada tutti. Poi si diresse verso il palco, dove una terrorizzata Lucy Landon aveva naturalmente smesso di cantare e osservava la scena con traumatizzato stupore. Dirk teneva la pistola con la destra e la valigetta con la sinistra, nessuno osava più sfidarlo. “Vieni, andiamo.” Disse a Lucy Landon. “Ma io…” “Vuoi farti tirare noccioline come se fossi una scimmia caucasica per tutta la vita? – le disse Dirk a due centimetri dal viso. La sua faccia era grande due volte quella di Lucy – Pensi di essere proprietà di questi selvaggi? Quanto ti danno, cinquanta dollari a sera? E poi, quando non basteranno più? Forza.” Alzò Lucy con l’avambraccio destro e la trascinò dietro le quinte. “E non provate più a tirare noccioline a Lucy Landon, capito? - gridò con la sua voce rauca baritonale alla sala. – Se no torno qui e vi ammazzo tutti, figli di puttana!” Poi, rivolto a Lucy, che teneva ancora in mano la sua chitarra. “Da che parte si esce?” Lucy era piccola, rispetto a lui, ma aveva ancora il fascino di un tempo. “In fondo al corridoio, ma Ricky…” “Chi è Ricky?” “Quello che ti apre una galleria nella testa, stronzo!” Sentì gridare Dirk prima di sentire i ben più rumorosi spari. Dirk spinse a terra Lucy Landon e la riparò con il proprio corpo, intanto Rick, un tipo grasso con i baffi e i capelli a corona unti sulla testa, continuava a far fuoco. “Muori, cane rognoso, muori! Quella vecchia troia è mia!” Dirk vide almeno nove colpi stamparsi sulla parete ma non sentì alcun dolore. Forse l’avrebbe sentito dopo. Intanto, fece una sorta di capolavoro. Piegò la mano fin dietro la testa e sparò con la pistola al contrario. L’orecchio prese a fischiargli in modo assordante, e con ogni probabilità il timpano se ne era andato. Ma il colpo, oh, Gesù mio, che colpo magistrale! Dritto nella testa di quel coglione che non sapeva sparare. Per un attimo ci fu il silenzio più assoluto. Neanche il minimo rumore. Dirk si alzò, e fece alzare anche Lucy. Entrambi guardarono i fori sulla parete, nemmeno uno li aveva raggiunti. Quante probabilità su mille? Ma non c’era tempo di fare una stima, perché altri due tizi comparvero dal fondo del corridoio. Un nero e un cinese armati di mazze da baseball. Dirk mise nella fondina la pistola e si piazzò davanti a loro con i suoi centonovanta centimetri. I due, che avranno avuto sì e no vent’anni, esitarono, poi si fermarono. “Allora, facciamo così. – disse Dirk – A quello più vicino spezzo il braccio e all’altro spacco la testa con la mazza. Poi vi sparo. Sta bene?” I ragazzi continuavano a brandire i legni ma con sempre minor convinzione. “Tu! Asiatico! – tuonò Dirk – Vai ad aprire la porta e dì a chiunque ci sia fuori che se lo vedo fare una mossa imprudente lo ammazzo, poi gli ammazzo parenti ed amici. E tu, afroamericano, questo stronzo morto aveva una macchina?” Il ragazzo di colore disse di sì. “Vammi a prendere le chiavi.” Cinque minuti dopo Dirk e Lucy stavano sfrecciando verso l’aeroporto. “Comunque… - disse Lucy ancora visibilmente scossa – Io non so nemmeno chi sei.” Dirk fissava attento la strada. “Ma io so chi sei tu. Tu sei Lucy Landon, sei Xenia, la regina guerriera.” Lucy parve riprendersi all’improvviso per l’assurdità di quella circostanza, sbuffò e si passò le mani fra i capelli biondi. Il suo viso, ancora bello, denunciava l’età con qualche ruga agli angoli degli occhi. “Mio dio, - disse – ma è stato un secolo fa, ora non significa quasi più niente. So che passano alcune puntate alle quattro del mattino sulle tv locali, ma sono scaduti i diritti d’autore.” Dirk si concesse un sorriso, ma non la guardò. “A me basta.” Concluse.
Un’ora dopo, Dirk camminava solo nel parcheggio dell’aeroporto. La Plymouth dello stronzo morto era ancora lì, dove l’aveva parcheggiata. Dirk fumava Chesterfield e sembrava stesse aspettando i tre uomini che comparvero dal nulla e gli si misero attorno. Erano alti, con impermeabili scuri, ed erano armati. “Dov’è la valigetta?” Chiese uno di loro. “Quale valigetta?” Rispose Dirk. I tre uomini puntarono su di lui le pistole. Dirk tirò un’ultima boccata di fumo e fece cadere la cicca per terra. “Allora, facciamo così. Io indovino chi di voi è omosessuale, e se ci azzecco mi lasciate andare. Sta bene?”