Teniamocelo stretto Marco Giusti.
Un cinefilo che non ha perso la curiosità e la voglia di divertirsi al cinema, senza la spocchia della critica ingessata che incensa solo le opere “d’autore” o “impegnate”. Appassionato conoscitore della settima arte, in questa godibilissima raccolta di articoli e recensioni, scritti tra il 2012 e il 2013 e zeppi di rimandi da divoratore di film (e di buona musica), Giusti commenta numerose pellicole nazionali e internazionali, e mette in luce con sorprendente lucidità i problemi che gravano sull’odierna produzione italiana.
Un cinema, il nostro, che, con qualche piacevole eccezione, è il più delle volte impaludato nel riciclaggio di poche idee, e che, soprattutto, dialoga a fatica col proprio pubblico. Alcune pagine di Vedo… l’ammazzo e torno (rivisitazione geniale del titolo del western Vado, l’ammazzo e torno di Enzo G. Castellari) sembrano davvero un’elegia del cinema “popolare” che non c’è più: coraggioso, talvolta ruspante, ma a suo modo originale (anche se poteva non andare a genio a tutti), e non involuto o incentrato sulla riproposizione di trovate rubacchiate magari a registi o sceneggiatori di altri paesi.
Tale prospettiva rende se non condivisibili almeno comprensibili i giudizi positivi espressi nei riguardi di opere (ad esempio i film con Checco Zalone) che hanno fatto storcere il naso alla critica, ma nelle quali Giusti ravvisa almeno qualche affinità col cinema popolare dei tempi che furono.
Del resto, la verve del vulcanico Giusti — tra le altre cose, autore, non dimentichiamolo, dell’impagabile Stracult. Dizionario dei film italiani, pubblicato da Sperling & Kupfer Editori nel 1999, cinque anni prima che Tarantino sdoganasse il cinema di genere italiano grazie anche al suo prezioso contributo — ce lo fa immaginare come un monellaccio che va in brodo di giuggiole davanti alle battute più impertinenti, alle sequenze più audaci, alle pellicole in grado di scuoterci dal torpore provocato da tanti film che finiscono nelle sale cinematografiche.
Dietro l’atteggiamento dissacrante e ridanciano si nasconde un cultore del cinema erudito, è evidente. L’ironia bonaria si stempera nelle pagine del libro dedicate a riflessioni (“Triste fine del cinepanettone”; “Il cinema italiano”; “Il problema”, in cui Giusti scrive ‘il problema più generale, insomma, non è che Bellocchio non incassa […] ma che tutto o quasi tutto il nostro cinema, alto, basso e medio non è più in sintonia con il pubblico’; “Il cinema che potremmo fare”; “Mitologia di Cinecittà”) o a sentiti omaggi a persone scomparse (Sylvia Kristel, Mario Monicelli, Angelo Infanti, Riccardo Schicchi, Mariangela Melato, Nagisa Oshima, Michael Winner, Damiano Damiani, Jesús Franco).
Insomma, analisi e divagazioni su cinema “alto”, “medio” e “basso” (il solo elenco qui sopra è abbastanza eloquente) si susseguono in questo testo imperdibile per i cinefili di ampie vedute, che immaginiamo apprezzeranno anche l’insolita attenzione dedicata a figure citate di rado quali produttori, sceneggiatori, direttori della fotografia e caratteristi.
Un’opera assai profonda, Vedo… l’ammazzo e torno, anche se sembra non prendersi mai troppo sul serio, frutto di un amore e di una passione per il cinema davvero smisurati.
Isbn Edizioni 2013