Brutti tempi per Arte, Cultura, Storia e Tradizione. Da un lato, i terroristi dell'Isis che distruggono spietatamente splendidi siti archeologici, patrimonio dell'Umanità, per estirpare il passato dei Paesi conquistati. Dall'altro, in maniera meno drammaticamente eclatante ma altrettanto devastante, l'ideologia globalizzante e antipatriottica che mira a denigrare e far dimenticare i beni culturali che una terra possiede: ed è orribile vedere che qui in Italia questa mentalità parte dai nostri accademici e governanti.
Ben venga dunque il libro di Riccardo Rosati “Museologia e Tradizione”, raccolta dei suoi articoli apparsi dal 2011 al 2014 su “Il borghese”, che ci aiuta ad aprire gli occhi, ricordare e scoprire le bellezze artistiche italiane. “L'Italia è la sua arte, la sua storia, il suo paesaggio; chi commette crimini contro questi, ferisce l'anima stessa della nazione” afferma l'autore, e il suo libro è qui per difendere questa fede.
L'Italia, infatti, è forse il Paese al mondo più ricco di musei, palazzi d'epoca, chiese: il guaio è che non lo sappiamo, o tendiamo a dimenticarcelo, salvo poi, magari, andare a visitare i musei all'estero.
Soluzioni? La prima, fondamentale e un po' utopistica, è quello di riuscire ad estirpare la predominante “cultura” di sinistra, che da decenni, dalle cattedre delle università e dagli altri luoghi del potere, sta diffondendo un sentimento antinazionale ed esterofilo che disprezza ciò che abbiamo, all'insegna di un malinteso progressismo. La seconda, più pratica, è quella di avviare una massiccia campagna di informazione, poiché molti musei sono trascurati dal pubblico per il semplice motivo che non si sa che ci sono: e nel suo piccolo il libro di Rosati ci aiuta a conoscere l'esistenza ( e il valore) di alcune perle museali. La terza la si può leggere tra le righe: auspicare la nascita di Fondazioni che possano occuparsi economicamente dei nostri Beni Culturali, poiché lo Stato non ha né i fondi né (quel che è peggio) la volontà per farlo, in modo da migliorare ed ampliare gli spazi espositivi: infatti è perfettamente inutile possedere la più vasta collezione del soggetto tal dei tali, se poi il visitatore ne può vedere solo una minima parte, mentre la maggioranza del materiale si trova accatastato nei depositi.
Il libro di Rosati dunque ci permette di riflettere su questi temi, e di riscoprire figure culturalmente importanti (Mario Praz e Giuseppe Tucci, per esempio) cancellate dal mondo accademico, nonché splendidi musei, alcuni del tutto ignorati dalle masse, altri celeberrimi ma visitati magari male (i Musei Vaticani, per citare il nome più prezioso e altisonante). La formazione culturale di Rosati lo fa “sostare” maggiormente su musei archeologici, biblioteche, pinacoteche e, soprattutto, sui musei d'arte orientale: in Italia ve ne sono numerosi e importanti, ma troppo negletti, e questi scritti fan venire voglia di visitarli senz'altro.
Ma il volume di Rosati non è una guida, è uno scomodo j'accuse rivolto al mondo accademico e ai nostri politicanti, alla cattiva gestione dei beni e soprattutto alla cattiva volontà, all'arroganza sinistrorsa e alle “massonerie internazionali (che) hanno preso pieno potere, avendo come unico intento quello di eliminare sistematicamente ogni elemento identitario della nostra nazione”. Attenzione, se non si cambierà rotta faremo la fine della Cina, di cui “resta (…) solo qualche rimasuglio di quella che fu una culla della civiltà umana”