L'Isola dei Pavoni

22/12/2017

L'Umanità si misura in.. cm? Nella così detta "condrodistrofia", ovvero un tipo di nanismo che subentra nell'infanzia per un errore di codifica dei geni, i pregiudizi giocano a sfavore della piccola statura: una volta che la sua forma definitiva sia conclamata, "Nano/a" diviene così agli occhi del mondo profano un sinonimo di mostruosità. Ed è cosa non banale spingersi molto oltre le apparenze, guardando dentro la testa dei più sfortunati in modo da mirare ai sentimenti del cuore. Per questo, basterà approfondire i tratti straordinari della parte profondamente sensitiva che trascende la loro deformità, per entrare nell'intimo dell'intelligenza e dei sentimenti di chi odia il proprio riflesso nello specchio. Soltanto valicando la pulsione repellente della loro deformità il saggio arriva a scoprire oasi felici di normalità e tenerezza, allineando all'esterno le figurine della pupèe russa del Brutto che contiene il Bello. Operazione che riesce magistralmente a Thomas Hettche, con il suo romanzo verità "L'Isola dei Pavoni", Editore Bompiani 2017.

La storia, in breve. All'inizio Ottocento, due bambini condrodistrofici, Marie e Christian, fratello e sorella, per decisione di re nonché per il capriccio e il piacere della corte prussiana dell'epoca, vengono trasportati nell’Isola dei Pavoni di Potsdam, un luogo artificiale di bellezza, in cui cioè la natura viene simulata nella sua molteplicità, ma confondendone i piani: accanto alle serre artificiali per volere sovrano si innestano animali esotici che avranno vita breve in un ambiente per loro sconosciuto e ostile. La protagonista, insignita ironicamente del titolo di "Castellana", è realmente vissuta e morta nell’Isola. Così Marie per noi è una persona che non disdegna l'incesto ma si innamora perdutamente del bel Gustav, figlio del giardiniere (che le darà un maschio sano, disconoscendolo e sottraendolo alla madre in tenera età), il cui padre sovrintendente dell'Isola farà da tutor ai due fratelli nella sua qualità di amministratore unico delle risorse locali e dei suoi abitanti.

La vicenda umanissima è analizzata compiutamente dall’Autore, che coglie Marie negli aspetti del suo rapporto con il proprio corpo e con quello degli altri, colpevoli secondo la protagonista di non rendersi conto della sua bellezza interiore. Di lei si analizzano a fondo le relazioni con la natura e gli animali, collocando la sua Storia nei primi ottanta anni del XIX sec.. La lettura ci farà scoprire, però, come la vera isola sia nella mente di questa fanciulla, che incontra personaggi storici realmente esistiti: il tessuto narrativo metterà assieme gli elementi naturali come acqua, fuoco, e terra affinché si sposino con la leggenda cavernale dei nani. Quando Marie scivola e viene raccolta nell’acqua da Gustav, costui non si accorge della sua deformità ma ne sperimenta soltanto il piacevole contatto della pelle, scoprendo così l’Eros di una donna che vuole essere riconosciuta come tale.

L’Isola dei pavoni -versione primordiale di quello che è oggi lo zoo di Berlino- è un racconto sfinente di dettagli e di nomenclature scientifiche, una sorta di nuova "Encyclopédie" alla francese, da cui si evince una lunga ricerca temporale per la consultazione di  archivi tematici che trattano della fauna e flora che hanno effettivamente trovato ospitalità sull'Isola. Ed è anche una storia dettagliata dei mastri giardinieri isolani le cui creazioni sono costate non poche fortune alle casse imperiali. La pagina del testo viene costruita partendo dal sangue che pulsa nelle vene di un essere che si vuole meraviglioso, ma che si sa al contempo mostruoso. Quando si parla del vetro e del rubino durissimo e fragilissimo come un cristallo, che non è di questo mondo ma nasce dal fuoco del vulcano, la circostanza è intrisa di dialoghi intensi e affascinanti. La vecchiaia di Marie, la sua fine pirotecnica e quella tragica di suo fratello sono di un lirismo quasi esasperante, come il racconto del suo amore terreno e della sua infinita passione per la letteratura classica e moderna, il tutto tenuto assieme dalla vacuità di una nobiltà prussiana obsolescente e storicamente inconsistente.

Hettche, nella presentazione a novembre del suo romanzo all'interno dell'affascinante cornice del Goethe Institut di Roma, asserisce che è molto difficile scomporre le sue opere in singoli elementi, perché “Il romanzo è una struttura complessa di pianeti e costellazioni, in un cielo che cambia continuamente. Ciò che conta veramente è lasciarsi pervadere e mettere assieme tutto ciò che si è letto, visto e sentito nella vita, anche se scrivere un romanzo non è cosi semplice come disegnare un quadro”. Ma, è l’Autore stesso a confermare di essere stato per la prima volta sull’Isola nel 1989, dove si è imbattuto e appassionato alla storia di una nana di nome Marie, rimanendo incerto per molto tempo a quale forma dare a un romanzo sulla sua vita: “chi scrive ha la necessità di essere sempre una pagina più avanti dei suoi lettori”. Quindi: “Non serve essere esperti ma creare l’illusione di esserlo”. Tuttavia, non solo i riferimenti scientifici e i nomi latini di piante e animali sono corretti, ma anche le citazioni sui tempi di sopravvivenza della fauna esotica sono tratte dall’elenco storico curato all’epoca da un vero cacciatore, ospite dell’isola, che teneva regolarmente conto dei decessi.

Anche se in altri racconti del genere la protagonista è una ragazza che perde la palla e incontra il principe-ranocchio, qui si vuole redimere la percezione dei moderni che vedono il nano di corte come un fenomeno da baraccone, suggerendo al lettore come nel passato, in realtà, grazie alla loro presenza, si creasse intorno alla corte una sorta di atmosfera fiabesca. Certo, rimane il fatto che Marie avrebbe voluto essere trasformata in qualcosa di bello, allontanando da sé quel dolore profondo e cosciente di essere un mostro. Hettche precisa molto bene questo concetto: “non si può scrivere di un re e una nana, altrimenti tutti pensano a una favola. Ma Tutto è favola o non è nulla. Nel caso di Marie e della corte prussiana ho solo evitato di cadere nel kitsch: la mia nana viveva in un’epoca fiabesca con il volto rivolto a un futuro senza più fiabe. Marie diventa così una persona vera e propria, perché nel suo caso occorre non dimenticare mai che si tratta pur sempre di persone vere. Poiché descrivendo i personaggi cerco di mettermi in contatto con loro, mi sono chiesto  con insistenza quali fossero i problemi quotidiani di una persona nana, facendo riferimento anche testi scientifici.”

Maurizio Bonanni