Divorare il Cielo

28/06/2018

Ha un luogo e un tempo privilegiati l’Età dell’Innocenza? Tutto farebbe supporre che un Eden pure esista dentro e fuori di noi: la storia affascinante narrata in “Divorare il cielo” da Paolo Giordano (Einaudi Editore) racconta in un arco di più di venti  anni la  vita e le vicissitudini di quattro giovani adolescenti nati puri, che si incontrano in un territorio contaminato e seminato dal mistico e dal profano. I maschi, Tommaso, Bernardo, o Bern, e Nicola (gli ultimi due, rispettivamente, nipote e figlio di Cesare, il padrone di casa) sono ospiti e allievi di un guru che li mantiene a pane e Parola di Dio del Nuovo e Vecchio Testamento, con una ritualità degna dei tempi antichi. Fulcro della loro educazione autodidatta, lontana dai riti della scuola pubblica, è l’amore per la cultura e la purezza delle cose semplici e genuine, legate alle tradizioni e alle esperienze secolari della terra contadina di Puglia.  Il piccolo gruppo di ragazzi vive fraternamente in una masseria, collocata a poca distanza dalla casa di vacanza con piscina di un dirigente d’azienda torinese, ma di salde radici pugliesi, che ha una figlia della stessa età dei tre ragazzi, Teresa, che si innamorerà perdutamente per il resto della sua vita, arrivando a sposarlo, di Bern, il vero protagonista del romanzo.

Le più belle pagine del libro (praticamente tutte) sono dedicate al loro amore reciproco senza confini e alle piccole e grandi tragedie del gruppo di amici originario, progressivamente arricchito da altre presenze e innesti di coppie eterogenee che condurranno Teresa a condividere tutte le battaglie per il green power e il culto dell’agricoltura biologica integrale, contro la modernità delle macchine e della chimica contemporanea. La tragedia non mancherà mai di arricchire e di trascolorare le loro vite adulte, devastate dal Caino che è in ognuno di noi e dalla dannazione dell’infertilità che l’uomo moderno vede come un insulto atroce alla sua onnipotenza e contro la quale è disposto a devastare il corpo della compagna che adora pur di venirne a capo. Salvo poi terminare la sua vita sfidando la durezza più pura dei ghiacci incontaminati d’Islanda che si adagiano sulla superficie di una misteriosa distesa di stalagmiti in una grotta irraggiungibile ai comuni mortali, tranne ai semidei come Bern, alla ricerca di redenzione e di riconquista dell’Eden perduto. Negli interstizi di questo amore sconfinato tra un uomo e una donna, si assiste da testimoni sgomenti a uno scontro intergenerazionale terrificante e assolutamente impietoso tra figli e genitori, e tra gli adulti tra di loro.

Nel corso della presentazione, la scrittrice sarda Michela Murgia vede "Il torbido prendere forma nei bambini, che sono capaci di tutto in quanto immunizzati dall’ignoranza di sé, mentre il passaggio successivo dell’Adolescenza comporta il progressivo aumento  di consapevolezza". La storia ha inizio quando tre maschietti che vivono in una masseria vicina si infilano in una villa signorile per rubare il piacere di fare un bagno in piscina. Una ragazzina, figlia del proprietario torinese e loro coetanea, li vede nella notte  e avverte il custode che li scaccia lanciando assieme al padre di lei sassi contro gli intrusi. Il giorno dopo, aspramente rimproverati dai genitori, i ragazzi ritornano e per farsi perdonare, malgrado uno di loro abbia riportato un livido sul fianco colpito da una pietra, portano in dono delle conserve fatte in casa.  "Paolo Giordano -annota la Murgia- è uno scrittore che assume un io narrante al femminile, perfetto per descrivere con  delicatezza l’incontro tra Teresa e i tre ragazzini. Gli intrecci relazionali sono come traiettorie di palle da biliardo di cui alcune vanno in buca al primo colpo. E quelle 'imbucate' nel caso di Teresa saranno rappresentate per tutta la sua vita da quei tre ragazzi su cui riverserà tutto il suo amore e odio".

In un minuetto molto divertente nel corso della presentazione del libro, il 15 maggio scorso alla libreria "Red" della Feltrinelli di Roma, Paolo Giordano confessa l'imperscrutabilità della Murgia per essersi rifiutata di dare un giudizio preliminare sul suo libro. "A proposito dell’Io al femminile: quando ho scritto 'La solitudine dei numeri primi' ho utilizzato una sorta di terza persona fasulla. Qui invece, fin dall’inizio, ero dentro i pensieri di questa ragazzina con la mia componente femminile decisamente pronunciata, perché del resto si scrive di narrativa con la parte più nascosta di sé, come quelle cose che non si ha avuto il coraggio di vivere. In fondo, la scrittura compensa  questa mancanza di coraggio: direi che la parte più inconscia sia proprio quella al femminile che rivendica sempre per sé una grande libertà". Per la Murgia, l'incontro tra i quattro ragazzi è un confronto tra dislivelli, dove la Teresa adolescente, nata a  Torino città, "una ragazza libera che non si vergogna a 14 anni di andare in bicicletta a trovare gli amici nella masseria", è figlia di un uomo che torna periodicamente alle sue radici campagnole.

È ancora la Murgia a dirci come: "Il libro favorisca una lettura informata degli adulti sulla vita adolescenziale, come quella dei protagonisti del romanzo che erano quattordicenni negli anni ottanta, in cui prevalevano i riferimenti pop. Essendo alcuni di essi affidati in custodia, la masseria è un posto dove si va e si viene. A proposito di paternità, qui abbiamo a che fare con un guru rurale dove la fede deforma tutta la gestione della vita, e dà al contempo forma al tutto in un sincretismo molto praticato. Cosa credere? Come lo scegli? Capita che ti devi fidare? Non c’è risposta nel libro. Solo incontri mancati tra fede e certezza: gli Atei del resto invidiano chi ha fede, perché consola". Giordano fa notare che nella configurazione padre-figlia, il primo è diviso fra Torino e la Puglia: "viene utilizzato il gioco degli opposti. Sono partito dall'esperienza di mia madre piacentina che passava le vacanze in una casa dove c’era una piscina: io ne uscivo sconvolto ogni volta che viaggiavo da solo con lei, perché vedevo nascere una persona diversa da quella che conoscevo".

"Un fatto controverso e affascinante: mia madre tornava molto più ragazza e allora mi sentivo come legittimato a innamorarmene e, quindi, nutrivo una sensazione latente di tradimento perché lei si trasformava in un’altra persona. Sicché, mi chiedevo: 'Chi è mia madre quando non è mia madre'? Conosciamo solo certe aree caratteriali e sentimentali dei nostri genitori. Nel rapporto con la fede c’era una certa scissione all’interno della mia famiglia, dato che le origini piacentine di mia madre risentivano delle radici cattoliche, mentre l’influenza paterna puntava all’anticlericalismo e all’ateismo (mio padre era una sorta di Giordano Bruno con formazione scientifica), sicché noi figli non fummo battezzati. Questo particolare stato mi regalava un certo gusto di potenza non essendo sottoposto alle leggi di convenzionalità. Ricordo che gli anni della mia adolescenza furono completamente informi: portavo lo zaino su tutte e due le spalle e poiché tutti frequentavano l’oratorio lo feci anch’io. Ma in terza media mi sono fatto battezzare: mio padre l’ha presa con spirito sportivo. Da lì il rapporto è stato sempre relativo a come ti professi: se credi o no; che cosa sei".

"In pochi anni sono passato dall’agnosticismo al libro attuale di colui che vuole dichiararsi qualcosa, ma sa che ci sono infinite contraddizioni in quell’idea stessa che pur vorrebbe esprimere con una qualche sicurezza". Secondo la Murgia, "dichiarare il bisogno è già la risposta. Teresa si innamora di Bern come in una tempesta. L’altro ti affascina perché ti minaccia: gli amori nell’adolescenza sono sempre eccessivi e non possiedono il dono dell'equilibrio. Originale il fatto di seppellire le rane, tirate fuori dalla piscina, attraverso un rito funebre. Malgrado alla masseria fossero tutti vegetariani, quando i ragazzi trovano una lepre ferita uno di loro, non dando ascolto a chi la vorrebbe curare, la uccide come in un battesimo di colpa. Quell’infrazione e quel sangue rappresentano una voce non pacificata. Questo lato selvaggio è proprio il fascino di Bern. Lui e Teresa fanno l’amore per la prima volta a venti anni e l’ultima estate alla masseria vede un cambiamento repentino di Bern che si fa indifferente e poi sparisce per aver messo incinta un’altra. Un tradimento imperdonabile per Teresa, che si chiede: 'Perché non ha messo incinta me?'. L’altra ha avuto una prelazione rispetto a lei che pure aveva fatto l’amore nel fango la prima volta con lui".

Giordano ammette che, in effetti, crede solo negli amori disperati e strazianti: "Se gestisci un amore difficile che ti 'sposti' hai già vinto. La persona amata deve farti scoprire che hai altre mute trasportandoti in un luogo al quale non sapevi di appartenere, come l'Amore che ti sradica da Torino e ti obbliga a mettere radici in una terra straniera e perfino ostile". Anche la Murgia si pente degli amori mancati: "chissà che donna avrei potuto scoprire di essere se li avessi colti! Il libro ci dice di un'adolescenza da cui non si esce mai: la masseria è un luogo mutevole come quelli di ogni campagna che sono di fatto seminali, dato che la cultura contadina è la più mutevole nel tempo. Basta aprirsi alla potenza di sviluppo di questi semi: qualcosa si secca; qualche altra fiorisce e non si può né mangiare, né raggiungere. Cosa che genera una condizione di inquietudine e frustrazione enorme". Giordano cita la gente che lo ritiene una persona fredda, mentre sua moglie pensa di lui l'esatto contrario! "Se tu a un certo istante della vita hai creduto di credere, vivrai sempre nella nostalgia di quella cosa lì".

"Bern è un po’ questo. Conosco tanti uomini che esplodono dopo i trenta in base a cariche attivate tantissimi anni prima. Le persone che hanno avuto un'infanzia e una preadolescenza molto significativa, come una campagna piena di armonia e di bellezza, assegnano una pienezza tale a quei primi anni che li rende da adulti, come in un piano inclinato, disadattati e immalinconiti. Teresa viene da un passato più opaco che, come i vasi comunicanti, viene a contatto con qualcuno che ha più vitalità di lei". Anche la Murgia confessa la sua tardiva conversione religiosa, avvenuta quando aveva 19 anni passando così attraverso un periodo di fanatismo analogo a quello dei ragazzi della masseria e di Cesare. "Poi, più vai avanti più la fede si sposa al dubbio. Bern risponde a Teresa solo con citazioni bibliche per mettere i piedi nella terraferma. Io sono diventata più relativista leggendo la Bibbia, dove ogni parola che esce dalla bocca di Dio è pane. Non mi faranno mai vescovo, ma il mio motto sarebbe 'sta scritto anche', perché una parte della lama è anche rivolta contro di te e la Bibbia contiene di tutto e il suo contrario. Se prendi solo una parte sbagli". E, in fondo, il libro pare in tutto obbedire al "Ma anche" di veltroniana memoria.

Giordano si confessa invece immaturo su tutto ciò che riguarda la fede: "Mi mancano le basi. Devi essere sempre molto competente: avendo io estremizzata la faccenda mi sento regolarmente non all'altezza della situazione. Chi può sfiorare tutto e darsi dei propri confini? Ho fatto un tentativo di percorso attraverso il personaggio di Bern che assaggia e risputa le idee in una sorta di bulimia del pensiero, caratteristica dello scrittore che non arriva mai al fondo delle cose". Per la Murgia, basta partire dalla prima pagina del libro: "il lettore alla decima riga decide di crederti, mettendo fine alla sua sospensione dell’incredulità iniziale. La Bibbia è capolavoro fantasy, come tutte le religioni che si fondano sul libro. E il romanzo, in fondo, essendo la storia d’amore tra una ragazza di matrice mediocre al contrario di quella dei ragazzi, fornisce gli strumenti per capire quanto hai perso con l’adolescenza e guadagnato con l’età adulta!".

Per Giordano, scrivere romanzi è come fare un atto di fede. Riferirsi nel libro a qualcosa di non detto ma che tutti quanti saranno in grado di percepire. "Avventurasi, cioè, in un territorio oscuro dentro il quale girano i racconti e la letteratura. Bern parte dalla Bibbia ma poi la sostituisce con Calvino sommandola a una cura maniacale dell'agricoltura biologica. Sicché le fedi e loro distorsioni assolute si fondano su di un libro che assolutizza la fede!".

Maurizio Bonanni