In ricordo di Vittorio Zucconi

04/06/2019

Vittorio? Un gran simpatico. L'ho incrociato l'ultima volta il 5 giugno del 2018 in occasione della presentazione del suo libro "Il lato fresco del cuscino" di cui ho un ricordo ancora molto vivo. Allora si presentò sulla bellissima terrazza del Red Feltrinelli di Roma assistito da una spalla formidabile come Aldo Cazzullo. In pratica, uno sketch ininterrotto, come può esserlo una brillante partita intellettuale a due. In quell'occasione Cazzullo ci raccontava come il giornalismo fosse "un mestiere che si ruba" e lui lo aveva rubato proprio a Zucconi. Acuto americanista, Vittorio parla nel suo libro di serial killer come una storia prettamente americana e degli oggetti materiali che costellano tutto il suo vissuto personale; il transistor o la radio a valvola per i molto meno giovani; la "Bianchina" Fiat, e così via. Nei racconti della sua vita risaltano gli incontri con un Ronkey asciutto e rigoroso e con Arrigo Levi, emiliano aperto. Zucconi ne equiparava le relative personalità "a due boccette sul comodino: Ronkey lassativo; Levi astringente". E, a proposito dei Clinton, giudicava "Hillary molto migliore di Bill. But I feel your pain Clinton. Perché dopo aver smesso quel suo sorriso da comizio, Hillary esternava in privato la sua sensibilità autentica". Cazzullo aveva apprezzato il meraviglioso capitolo sul Giappone e aggiungeva: "Anche il calcio è protagonista. Ci sono i figli la moglie (che ha fatto una vita da globe trotter); i suoi cani e soprattutto suo padre, Guglielmo. Il primo capitolo è dedicato alla Lettera 22 quando lavorava a Milano scrivendo nottetempo copioni per teatro e televisione".
"Poi, d'estate caricava tutta la famiglia su di una macchina chiusa per andare in Romagna a fare le vacanze, avendo affittato una casa scomodissima collocata sopra  un forno e dal suo interno si sentiva il profumo di pane la notte. L'esperienza della Spagna e delle case chiuse. Il piacere di sedersi a tavola e quasi restarci fulminato per una libagione abbondante". Zucconi ricambiava la stima e l'affetto del collega, ricordando come Cazzullo "non attacca l’asino dove vuole il padrone e si chiama fuori da quella spinta prostitutiva che contraddistingue la gente all’interno dei palazzi romani". Nella storia del Zucconi giornalista ci sono gli esordi della Stampa di Torino e della Rai di Milano: sebbene la seconda scelta gli garantisse più soldi lui preferì la prima. E poi: "Le cose non tradiscono al contrario delle persone. I ricordi si legano a cose precise: quello di mio nonno a giganteschi gelati; la mia gioventù al Sony che portavo allo stadio e che mi faceva sentire un dio in terra perché avevo l’informazione calcistica minuto per minuto [..] Il libro è anche un tributo a mio padre, dato che non abbiamo mai fatto nulla assieme. Lui si è presa l’Italia e io il mondo [..] Ricordo che la sera dell’8 novembre 2016 guardavo la tv per le elezioni americane quando venne proclamata la vittoria di Trump: una figura grottesca (al contrario del nostro Presidente Conte che invece ha l’aplomb)! Un uomo di 1.92m. con una specie di persiano in testa, sposato con una statua di marmo e che vince prendendo tre milioni di voti in meno! Ma poiché noi abbiamo scelto di vivere in America io mi debbo adeguare a questo paradigma. Ho sbagliato tutto e non ho capito niente".
"In fondo, per lo spavento i cavalli corrono, i cani abbaiano di paura e lo scrittore.. scrive! Quindi, io volevo fare un libro ma non sapevo su che cosa. Così ho iniziato a scrivere furiosamente utilizzando come lettore privilegiato mia moglie che mi leggeva capitolo per capitolo. Quindi, in pratica, il tutto è scritto a quattro mani con Alisa."
Concludo con l'annotazione di Cazzullo a proposito del capitolo Giappone in cui si parla di una padrona di casa, amica della famiglia imperiale giapponese, una persona molto pudica e curata che indossa sempre calze opache per nascondere i terribili segni delle ferite riportate, a seguito dell'esplosione nucleare di Hiroshima da cui era miracolosamente sopravvissuta: e fu lei a regalare all'Autore una teiera in ricordo di come ebbe a salvarsi. Racconta Zucconi: "Mi disse che quando esplose la bomba ebbe molta fortuna e mi ha spiegato come accadde portandomi sul posto per camminare nelle strade di allora. All'epoca della catastrofe nucleare lei aveva 12 anni e lavorava in un'industria che fabbricava armamenti. Pur avendo la fissa della puntualità quel giorno fatidico arrivò in ritardo: fece una corsa affannosa e vide il tram sfuggirle di un soffio. Dovette aspettare quello successivo. Quel tram perso venne letteralmente disintegrato dopo l'esplosione e lei riuscì a salvarsi perché protetta da un alto edificio di cemento armato. Incontrò poi un medico che le diede un po’ di acqua e bende. Per farmi capire che cosa fu quella tragedia, mi mostrò il tessuto dell’uniforme della sua compagna di scuola vetrificata dall'esplosione e di cui rimase solo l'ombra. Le sue gambe sono martoriate dai cheloidi non riassorbibili a causa delle radiazioni . Mi consolò dicendomi «Voi occidentali non sareste qui se noi non vi avessimo fatto la guerra!»" .
Cazzullo gli ricorda poi il suo amore per gli animali, come il gatto Platone e i due pastori tedeschi Vox e Max con personalità completamente diverse ma che muoiono tutti molto presto. Risponde Zucconi: "Sembravano animali clonati con straordinarie somiglianze fisiche ma non di carattere. Il primo l'avevamo preso in Francia e lo scelse mia figlia dalla cucciolata prendendo quello che si era nascosto. Si vergognava come se portasse su di se le colpe del mondo. Come gli ebrei che dimenticano tutto meno il senso di colpa. E lui andava a nascondersi quando si rompeva  un bicchiere temendo che fosse colpa sua! Il secondo era l'esatto contrario: comandava solo lui e ringhiava. Dovemmo farlo addestrare per 5.000 dollari. Insomma: dietro l’apparenza, un'enorme diversità tra noi creature viventi. La mia adorata macchina da scrivere portatile 'lettera 22'? Mi venne sequestrata da mia sorella. Ricordo poi gli ospiti che venivano a pranzo nella mia casa milanese, come Dario Fo un famoso attore ma all'epoca un morto di fame. Lui per sdebitarsi del pranzo faceva i personaggi. Poi, Tino Scotti, Wanda Osiris che campava grazie ai gioielli che le aveva rubato la cameriera e le restituì da anziana per mantenerla. Arrivò un giorno anche il notissimo Mike Bongiorno. Fu preparato un pranzo con tortellini e flan di verdura. All'epoca noi abitavamo in un falansterio con cortile interno e ricordo che alle finestre del palazzo la Guerina faceva al condominio la cronaca minuto per minuto delle portate che servivamo a Mike.

"Di Reagan invece ho un buon ricordo: lo seguivo giorno per giorno salendo su due o tre voli e avvertivo il calore che si stabiliva tra lui e le persone che andavano a sentirlo: esattamente tutto all’opposto di Hillary. Reagan incarnava l’umore delle persone ed era simpatico.”
“In passato si provava un profondo orgoglio a essere italiani, mentre oggi è una sfortuna. Nel caso di Trieste, Cuneo, Novara, Milano, Torino dove sono andato per presentare il libro sono rimasto stupidamente sorpreso per la vitalità di queste realtà che, come sostiene il sindaco di Trieste, si considerano città autonome, con tram che passano ogni cinque minuti. A Roma invece scaricano la spazzatura alle tre del pomeriggio! Voglio dire ai giovani che vorrebbero tentare la strada del giornalismo con 110 e lode in scienza della comunicazione di ricordarsi che il mondo in cui vivono è un’eccezione. Oggi, prendiamo un volo low cost e facciamo un week-end a Berlino, Pamplona, etc.. Stiamo vivendo un’epoca straordinaria della storia umana. Non torniamo indietro con questo crepuscolo degli dei".

Un anno fa questa fu la mia recensione del suo libro "Il lato fresco del cuscino".
«Sapete qual è lo spaventapasseri dell'umano viaggiatore? La stanza d'albergo. Soprattutto se fai l'inviato speciale a vita, mestiere dell'imprevisto e dell'imprevedibile come quello di Vittorio Zucconi, che lo racconta al grande pubblico nel suo esilarante e travolgente libro autobiografico "Il lato fresco del cuscino", Feltrinelli Editore. Un giornalista, Vittorio Zucconi, con nessuna e tante case provvisorie ai quattro angoli della Terra, sul modello di Terzani e Fallaci. Tutti loro rappresentano ircocervi alati senza piume né coda, dotati di particolari appendici di latta, spesso insicure nel loro volo a reazione, che li trasportano docili o imbizzarrite un po' ovunque. All'opposto, cioè, di quei perfetti modellini senza motore, straordinarie imitazioni in scala dei B-52 e dei Phantom F-4,  che mani abilissime di bambini, uomini e donne vietnamiti, discendenti delle gloriose armate di Giap, confezionano con i milioni di lattine della coca cola (abbandonate ubiquitariamente come pattume delle lunghe attese dai Marines delle truppe di "liberazione" americane), per venderli ai rari turisti dietro compenso di misere somme in denaro pagate nella moneta locale.

La stanza, dicevamo. Quella degli alberghi a cinque stelle, oppure quell'altra dei mostriciattoli minacciosi di brullo cemento della Mosca sovietica, infestate da rapidissimi, imprendibili scarafaggi che però nulla potevano sottrarre al sonno di uno stremato corrispondente. Per non parlare poi di ignobili giacigli in cui si dormiva con gli scarponi ai piedi perché, scendendo dal letto, ci si inoltrava in una guazza disgustosa di liquami che debordavano dal wc alla turca sistemato all'interno della stanza. Peggio ancora quando ti vedi costretto per antica fobia ad abbandonare tutta la tua famiglia fuggendo di notte in taxi, pur di trovare un albergo dotato di un passabile impianto di aria condizionata. In fondo (e infatti la dedica alla moglie Alisa parla chiaro) la vera eroina del libro, unica lettrice e severa critica delle relative bozze, è proprio l'adorata compagna di una vita che segue il suo unicorno, assieme ai figli piccoli, in ogni parte del mondo. L'opera però ha un cotè "materico" assolutamente straordinario. Come nelle poesie di Francis Ponge, si avverte lo straordinario protagonismo nella sedimentazione della memoria profonda di particolari oggetti nella nostra vita, vedi la famosa "Lettera 22" con cui suo padre passava notti insonni a scrivere copioni e creare personaggi.
O come la mitica "Bianchina" di sua madre usata al pari di una macchina da competizione per provare poi il brivido del cappottamento finendo senza gloria fuori strada. Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio della velocità! E le macchine di ogni tipo e modello saranno le compagne predilette della sua vita, appena un filino al di sotto dell'amore viscerale per moglie, figli e nipoti. Tanti veramente i personaggi che si spintonano sul proscenio per conquistare la prima fila nel racconto: il padre; Hillary Clinton; Ronald Reagan; Oriana Fallaci. Ognuno fin troppo stretto nei suoi contesti: la famiglia; le elezioni presidenziali; la guerra per la liberazione del Kuwait, rispettivamente. E le liti possenti tra colleghi dell'internazionale degli inviati speciali, angosciati dal bisogno irrefrenabile di arrivare per primi, magari schivando le schegge dell'ultimo bombardamento, pur di raggiungere la destinazione al fronte con tutti i mezzi improvvisati di cui si può avvalere la disperazione e il terrore della censura dei direttori di giornale, che pagano i conti della missione all'estero. Poi, ci sono i racconti esilaranti degli altri protagonisti muti della famiglia Zucconi: uno straordinario gatto persiano e due pastori tedeschi dal carattere esattamente opposto: ebreo il primo, che si fa carico di tutte le colpe del mondo; prettamente ariano il secondo che a stento riconosce come capo branco lo stupìto Vittorio. Imperdibile per tutti quelli che studiano scienze della comunicazione e per i comuni mortali.»
Buon viaggio, caro Vittorio!

Maurizio Bonanni