
Joseph Conrad
Cuore di tenebra
Bosco (PG), Star Comics, 2016
In anni recenti, la Casa Editrice specializzata in fumetti Star Comics ha portato avanti una riproposizione di alcuni grandi classici della letteratura mondiale di genere. Il percorso è iniziato con la serie i Maestri dell’Orrore, per poi continuare con l’Avventura (“A”, rigorosamente maiuscola), riadattando per quelle che un tempo si solevano chiamare “nuvole parlanti”: Ventimila leghe sotto i mari (1870) di Jules Verne; L'isola del tesoro (1883) di Robert Louis Stevenson; Uno studio in rosso (1887) di Sir Arthur Conan Doyle; Cuore di tenebra (1902) di Joseph Conrad. Noi abbiamo avuto modo di leggere la versione disegnata dell’opera di Conrad, e di cui andremo ora a parlare.
Una storia unica, imprescindibile
Caposaldo della Letteratura in lingua inglese, quello di Conrad è un romanzo che ha influenzato profondamente la cultura occidentale, sin dalla sua uscita nel 1902 (venne inizialmente serializzato in tre episodi nella rivista Blackwood's Edinburgh Magazine a partire dal febbraio del 1899), tanto da ispirare parecchi anni dopo lo stupendo film Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola, che permise al cineasta statunitense di elaborare una trasposizione del testo mirabile, contestualizzandolo alla epoca della Guerra del Vietnam.
La trama parla del viaggio di Charles Marlow lungo il maestoso Fiume Congo, durante il periodo dei commerci coloniali in Africa, alla ricerca di Kurtz: uno spietato e geniale mercante di avorio che da tempo non stava dando più notizie di sé e dei suoi importantissimi, per gli europei, traffici nel bel mezzo della giungla congolese. Kurtz è e, probabilmente, rimarrà un personaggio letterario leggendario, con il quale l’autore anglo-polacco creò una impareggiabile allegoria del decadimento morale e spirituale del Vecchio Continente di fine ‘800. Chiariamo tosto che le “profondità africane” descritte da Conrad non sono lo sfondo per una avventura – questione che ci sta particolarmente a cuore e che affronteremo a breve – bensì un contesto in cui il cosiddetto uomo civilizzato è prima sbigottito e, infine, annichilito davanti a quella potenza naturale che egli, dall’Illuminismo in poi, ha creduto di poter dominare. La crisi totale che si abbatte su Kurtz, costui incarnazione di quel limite sottile tanto caro allo scrittore tra follia e grandiosità, è una epitome della vacuità delle illusioni di supremazia dell’homo oeconomicus; oggettivato proprio da quella società industriale britannica, successivamente estremizzata in America, in cui Conrad, dopo le esperienze marinare, viveva e scriveva.
La iniziativa editoriale
Il fumetto si inserisce nelle collane intitolate: “Roberto Recchioni presenta”, le quali si sono prefissate di far dialogare la letteratura col fumetto, francamente non sempre riuscendoci, ma comunque l’operazione resta lodevole. Possiamo considerare quelli della Star Comics come perlopiù dei buoni adattamenti; certo, decisamente pop, presumibilmente per avvicinare i giovani a dei classici della narrativa. Positivo è inoltre il fatto che questi fumetti abbiano una elegante copertina cartonata.
Si è in precedenza accennato come gli albi siano accomunati dalla volontà di allargare la conoscenza su quei maestri dell’Avventura che hanno formato legioni di adolescenti appassionati. Sulla bontà di ciò siamo ampiamente concordi. Molto meno, tuttavia, condividiamo l’inserimento di Conrad in tale categoria. Invero, non solo nel lettore “comune”, ma purtroppo addirittura nell’ambito della Anglistica, si semplifica una corretta esegesi di questo enorme artista, definendo le sue storie come avventurose e marinaresche. Una banalizzazione, questa, che si limita al contesto, non intraprendendo una indagine sul senso di un romanzo. Che Conrad sia uno degli autori moderni maggiormente incompresi dalla critica è tuttora argomento di dibattito tra chi si occupa della letteratura in lingua inglese. L’accostarlo, come avviene in questa collana, a Conan Doyle, Stevenson e Verne è solo la ennesima conferma di un giudizio approssimativo del suo opus, molto per colpa – è d’uopo ammetterlo – di specialisti che hanno interesse a declassarlo per via di quella che era la sua visione “cinica”, quindi poco apprezzabile dalle élite culturali che da qualche decennio dettano in modo surrettizio il nuovo canone di quell’Occidente di cui Conrad ha spesso parlato male, stigmatizzandone con ferocia le ipocrisie e storture.
Nel caso precipuo di Cuore di tenebra, quello che potremmo sardonicamente chiamare l’“equivoco conradiano” si palesa con ulteriore clamore, visto che, per dirla in modo netto, la narrazione qui è lentissima, niente affatto avventurosa. Tutti, incluso Charles Marlow (tra gli studiosi si è soliti chiamarlo affettuosamente “Charlie”), sono in attesa, circondati da un alone di silenzio e morte. Persino il battello a vapore, capitanato da Marlow, è quasi trascinato verso la sua meta (l’accampamento di Kurtz nella foresta) da una forza invisibile e inarrestabile, la quale altro non è che lo stesso Fiume Congo. Del resto, Conrad è uno scrittore altamente allegorico e metaforico, e tali stilemi mal si sposano con l’avventura, che predilige una diegesi diretta e ritmata. Altro esempio su come il categorizzare nel genere l’autore anglo-polacco sia un malinteso che si può tranquillamente perdonare al lettore, ma non a un anglista.
Pregi e difetti della pubblicazione
Terminata questa digressione in chiave prettamente letteraria, che sentivamo comunque doverosa, passiamo ad affrontare il fumetto in questione. L’opera conradiana è stata riadattata degnamente nella solida sceneggiatura di Giovanni Masi, che nella Postfazione all’albo ha modo di spiegare i criteri da lui utilizzati nel riprendere i vari passaggi del romanzo e modificarli. In effetti, la sontuosa prosa di Conrad, potente ed evocativa, si presta difficilmente a cambiamenti di sorta; essa, ci spingiamo a sostenere, è una scrittura icastica, pressoché “monolitica”. Pertanto, John Milius, autore della sceneggiatura della sopracitata pellicola di Coppola, compì una autentica impresa nel riversare su carta atmosfere che sarebbero successivamente diventate immagini, senza mai tradire la fonte letteraria originaria.
Meno convincente è forse il lavoro della disegnatrice Francesca Ciregia, la quale sceglie di adottare la celeberrima “Gabbia Bonelliana” (nella storia della Nona Arte Italiana strettamente legata al fumetto di avventura). Ella gestisce proficuamente un contrasto chiaroscurale marcato, che diviene efficace però quasi esclusivamente nella resa ambientale, ancor più che nella caratterizzazione dei personaggi. Il tutto risulta in una grafica assai plumbea, con massicce campiture nere, sostanzialmente incisive per comunicare la percezione di un’acqua minacciosa e la inquietudine che pulsa dalla foresta che “abbraccia” il Fiume Congo attraversato da Marlow sul battello: espediente che Conrad usa per esprimere i tormenti che attanagliano il Capitano, nel suo essere un europeo che agogna quelle risposte salvifiche che l’autore si è costantemente rifiutato di fornire. Non vi è redenzione in Conrad, è necessario capirlo.
In generale, il fumetto si contraddistingue per avere una qualità discontinua; la “cupezza” estetica dei disegni aiuta a veicolare la proverbiale Darkness Conradiana, penalizzando marginalmente la decifrabilità dei volti. Eppure, rimane intrigante il tratto della Ciregia, che si potrebbe ribattezzare: “sfumato conradiano”, e per determinati aspetti associabile, sebbene alla lontana, agli acquerelli di Joseph Mallord William Turner (1775 – 1851), con quei paesaggi indefiniti, atti ad amplificare la furia degli elementi pronta a scatenarsi in ogni momento. Tornando alla sceneggiatura di Masi, in modo da richiamare l’ambientazione del romanzo, si è tentato di riprendere quell’“esotismo” divenuto un rinomato attributo visivo con il Corto Maltese di Hugo Pratt, ma le vignette, mancando di dinamismo, non ottengono gli esiti auspicati.
More than a book
Quella di Conrad è una opera passata celermente nell’Olimpo della Letteratura. Talmente si è detto su di essa – talora anche a sproposito, segnatamente la sciocca accusa di essere il frutto di una prospettiva colonialista e razzista – che è impossibile, nello spazio di un articolo divulgativo, riuscire a proporre riflessioni ultime su questo immortale capolavoro. Di sicuro, il romanzo è una veemente denuncia nei riguardi dell’arrogante “potere dei bianchi” e, nel contempo, un vigoroso affresco di una Africa immensa, indomabile e con una alterità aliena. Il viaggio cadenzato della imbarcazione di Marlow verso il suo “cuore” non è, come si è sottolineato, una avventura. Al contrario, è un percorso dentro l’animo umano, in quei nostri “luoghi oscuri”, per dirla con James Ellroy.
Il fumetto della Star Comics, malgrado i numerosi estratti dal libro, non riesce totalmente a riproporre le peculiarità dello scritto conradiano. Ciononostante, lo si consiglia come “strumento didattico”, specialmente per le scuole di Secondo Grado. In aggiunta, la impostazione delle tavole, tipica del “fumetto storico” italiano, facilita una narrazione intelligibile e adeguata a una agile fruizione. Disgraziatamente, anche qui si commette l’errore di far parlare Kurtz: pecca ascrivibile pure alla mediocre versione per il piccolo schermo di Nicolas Roeg del 1993, per la Turner Network Television (TNT). Già, poiché è opportuno ricordare che l’enigmatico mercante di avorio proferisce nel romanzo solamente una frase: “L’orrore! L’orrore!” (“The horror! The horror!”), e tanto basta. Parimenti, tra le profonde oscurità di Cuore di tenebra vi è una singola verità, e su cui vale la pena riflettere: “Viviamo, come sogniamo, da soli” (“We live as we dream—alone”).