Batman, tra fumetto e leggenda

02/03/2023

Batman, le origini, il mito (ed. Tabula Fati) è un volume bicefalo: da una parte Riccardo Rosati ripercorre la genesi e gli sviluppi, nelle tavole a fumetti ma pure negli altri mezzi di comunicazione e intrattenimento, del personaggio di Batman, il Vendicatore Mascherato; dall’altro Renzo Giorgetti recupera cronache, leggende e libelli attorno a una figura in qualche modo sua progenitrice: Spring-Heeled Jack.

A differenza del libro, che affronta prima il personaggio attualmente più popolare, vogliamo cominciare parlandovi di questa figura, di cui non avevamo conoscenza. In età vittoriana, l’Inghilterra registrò diverse cronache a proposito di una strana figura mascherata, con testa da diavolo, artigli e occhi infuocati, che aggrediva donzelle per poi sparire nel nulla. Vi era in lui un aspetto terrorizzante e demoniaco, sicuramente mutuato da antiche leggende (tra cui quella di Robin Goodfellow – base leggendaria che si sovrappose a quella semistorica di Robin Hood – demonietto silvano), ma anche uno più scherzoso, che fece pensare a una persona (anche identificata in Henry de la Poer, marchese di Waterford), o a un gruppo di persone, in vena di scherzi di cattivo gusto. Di sicuro la fama che ottenne, anche grazie alle storielle apparse sui penny dreadful, fece sì che negli anni apparvero diversi suoi emulatori, sempre più portati a imitare il personaggio letterario che non quello cronachistico, aggiungendo quindi beffe alle aggressioni, salti atletici (con le molle?) e un quasi romantico coté “vendicativo” (e qui torniamo al Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri). Questo Jack “coi tacchi a molla”, che nulla aveva di rustico e silvano ma era una leggenda urbana (oggi diremmo metropolitana), sarebbe tuttavia scomparso dalla memoria, nel XX secolo, se le prime tavole a fumetti che apparvero a fine ’800 (sull’Illustrated Chip) non avessero proposto un personaggio con un ampio mantello che gli assomigliava alquanto, che poi ne generò uno più buffo e discosto dalla prima ispirazione ma sempre con mantellina “che ricorda le ali di un pipistrello” (Larc Heeled Jack, apparso nel 1917 sullo Sparks) e infine, nel 1939 sul n. 27 del Detective Comics, non fece la sua apparizione da protagonista la figura di un Uomo-Pipistrello, che dall’alto dei tetti balzava addosso ai cattivi…

E veniamo dunque così a parlare dei capitoli curati, con ricche annotazioni, dal Rosati, riguardanti precisamente questo eroe. Eroe che, si specifica subito, non è un “ supereroe”, poiché non è dotato di alcun potere sovrannaturale, ma solo di una grandissima preparazione atletica e mentale e di un supporto tecnologico che nemmeno 007 si sogna. Ma ciò che differenzia Batman dagli altri personaggi della DC Comics o della rivale Marvel non è solo la sua umanità priva di super poteri, ma anche l’essere al limite del vilain, col suo appollaiarsi sui cornicioni come un gargoyle, la sua violenza, il suo muoversi sui confini della follia che spesso lo avvicina più ai “cattivi” che alle loro vittime, che intende vendicare. Perché questo, essenzialmente, è Batman, un Vendicatore. “I criminali sono gente codarda e superstiziosa. Il mio travestimento dovrà infondere terrore nei loro cuori. Dovrò essere una creatura della notte, nera e terribile”, gli viene fatto pronunciare sin dall’inizio. Egli non protegge l’Universo con poteri magici; egli difende le vittime dei crimini che si perpetrano nella giungla di Gotham City, anche a rischio di commetterne a sua volta, e difatti presto diviene un Cavaliere Oscuro, perseguitato dalla stessa folla che egli vuole difendere. Ad arricchire e, talvolta, “sviare” il personaggio ovviamente concorre il trascorrere del tempo (e quindi dei gusti e sensibilità dei lettori) e soprattutto l’avvicendarsi delle penne che sceneggiano le tavole e delle matite che le disegnano. All’interno del percorso di Batman contiamo numerosissimi autori, dagli storici primi album degli ideatori Bob Kane e Bill Finger, alle graphic novel di Grant Morrison e Dave McKean. Se le storie che lo accompagnano al giovane emulo Robin (che il Rosati, giustamente, considera “spurie” poiché tolgono al protagonista l’aurea di cavaliere solitario per trasformarlo in una figura quasi paterna che nulla ha a che vedere col suo nucleo originario) hanno dato il “la” alla detestabile serie tv pop degli anni ’60, quelle del “ciclo” di Frank Miller sono le dirette ispiratrici dei film di Christopher Nolan. In mezzo, Tim Burton, che più di tutti si è rifatto alle storie (caratteristiche, rivali, atmosfere) di Kane e Finger: qui forziamo la mano a ciò che dice l’autore, mettendoci del nostro, e affermando che se Nolan ha reso più maturo e completo il personaggio, illustrando la sua genesi anche oltre il fumetto stesso, ha reso anche inutili e ripetitive tutte le altre pellicole a seguire. Del resto, anche sulle tavole Batman ha continuato a vivere, ma spesso uscendo dai binari (storie che lo mettono a contatto col soprannaturale!) o comunque aggiungendo poco al personaggio, che già perfettamente era stato delineato al suo primo apparire.

Elena Aguzzi