Edvard Munch

25/04/2014

Prorogata fino al 4 maggio la Mostra dedicata a Edvard Munch al Palazzo Ducale di Genova. Un’occasione in più, per i weekend del 25 aprile e del 1 maggio, per una gita nel capoluogo ligure, abbinando eventi culturali al piacere del primo sentore estivo portato dal vento di mare. Genova, che nei suoi caruggi nasconde la bellezza di chiese e palazzi segreti, che a due passi dal Porto Antico ti invita a scoprire un fitto calendario di mostre d’arte e fotografia.
La più sorprendente è sicuramente la Mostra dedicata all’Artista norvegese per i 150 anni dalla sua nascita. Mentre Oslo, per lo stesso anniversario, gli dedica una carrellata completa, Genova lo celebra puntando sull’inedito. Quasi tutte le opere esposte provengono infatti da collezioni private, rappresentando così un’occasione unica per ammirarle. Ma non è solo la rarità a colpire quanto il profilo di un Munch appunto “inedito”, ovvero che si discosta da quello che è ormai l’immaginario comune, distante dalle angosce del celeberrimo Urlo e dallo strazio sanguinante e dal tormento che impregna tutta la sua opera, un Munch “luminoso”, a tratti perfino sereno. Ecco dunque che Palazzo Ducale, con Arthemisia Group e 24 Ore Cultura, presenta un Munch come non l’abbiamo mai visto, attraverso opere meno note ma che egli riteneva ugualmente rappresentative della sua poetica.

Allo stesso tempo il percorso della Mostra, nelle sue significative 80 opere esposte, si propone di penetrare il cuore dellʼ opera dellʼ artista, mostrando le opere che egli stesso prediligeva, i temi a lui cari, le tecniche preferite. Questo percorso si articola in otto sezioni. Nella prima e nella seconda sezione sono esposte le opere giovanili nate sotto il segno della scuola. Qui i paesaggi sono talvolta naturalisti, talvolta di derivazione impressionista. I volti sono veritieri, a volte con una punta di austerità e una sorta di domanda trattenuta dagli sguardi fermi ma indagatori. I tratti di tutti questi lavori sono precisi. Nel tempo invece diventeranno mobili, veloci e impastati di colore in alcuni casi, di dolenti segni grafici in altri. Eppure anche in questi primi autoritratti si scorge lʼ intenzione di indagare la psiche.
La seconda sezione riguarda le incisioni, i Vampiri, le Madonne, la Gelosia. I colori predominanti in questa sezione sono il rosso e il nero, gli occhi fissano colmi di tragedia. Come in Vampire II: la donna abbracciata alla disperazione dell’uomo, avvolgendolo col fuoco dei propri capelli, fino a succhiarne tutta la linfa vitale.
La quarta sezione racconta il Simbolismo che Munch conosceva bene e di cui si è servito in alcuni suoi lavori. Ma, per il tratto e lo stile personalissimo che ne ha fatto, per certi versi lo ha reso lʼ apripista dellʼ Espressionismo. La quinta sezione raccoglie le opere della parentesi “luminosa” quando nel 1904 Munch trascorre gran parte dellʼ inverno a Lubecca presso la famiglia del dottor Max Linde. Nei ritratti e negli schizzi che esegue, della famiglia e del loro giardino, si può dire che Munch provi ad essere un uomo e un pittore “normale”. La sesta sezione illustra lʼ opera di Munch durante lʼ eremitaggio nella sua tenuta di Ekely e le ultime sale presentano l’universo femminile Munchiano.
Si completa così il percorso attraverso l’Opera di uno degli artisti più mitici e misteriosi vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Munch si mette in contrasto con lʼ Impressionismo, il Simbolismo e il Naturalismo per inventarsi una forma di espressione artistica in rivolta contro tutto ciò che sin dalla sua infanzia gli è stato presentato come regola sociale, staccandosi da tutte le convenzioni alle quali ci avevano abituati gli artisti e i movimenti precedenti; si accanisce sugli strati di colore, espone le sue tele alla pioggia e alla neve, trasferisce fotografie e fotogrammi di film muti allʼ interno dei suoi dipinti e dei suoi lavori grafici.

E il Munch dell’Urlo? Quell’Urlo così emblematico la cui fama ha finito con l’offuscare il messaggio e le sfaccettature dell’intera sua opera. Ce lo riserva la parte finale della Mostra nella visione di Andy Warhol. L’artista dei sentimenti più oscuri ci viene mostrato reinterpretato dall’artista pop per eccellenza.
Un accostamento apparentemente azzardato: cosa possono avere in comune lʼ artista tormentato per antonomasia con il re della Pop Art, lʼ introspezione di Munch con la presunta superficialità di Warhol, la quintessenza dell’ansia con lʼesaltazione della celebrità?
Ce lo mostra questa sezione speciale, con la serie “Warhol after Munch” : lʼ appassionato Warhol trasse ispirazione proprio dalle opere del periodo simbolista di Munch, quando lʼ incisione diventa strumento per sviluppare le sue meditazioni sullʼ ansia, la mortalità, e la bellezza ideale. Copiando e manipolando Munch, Warhol fa propria la sua arte: i colori abbaglianti trasformano la superficie proiettando echi decorativi e allegri degli angoscianti “originali”.
Warhol reinterpreta Munch in maniera quasi scioccante e solo apparentemente banale. Rielabora, ingrandisce, colora, ridefinisce i tratti dellʼ opera munchiana. Gioca con il colore, rimarca le linee. Attratto dallʼ Urlo, lo reinterpreta più volte, sia nei colori stridenti, sia nelle proporzioni. Lo fa esplodere.

Gabriella Aguzzi