Due Mostre sui Macchiaioli

19/12/2015

La pittura dei Macchiaioli in due bellissime Mostre: la prima, intitolata L’Incanto dei Macchiaioli, al Museo Poldi Pezzoli di Milano fino al 29 febbraio espone i quadri della collezione Jucker, la seconda, alle Scuderie del Castello Visconteo, prorogata fino al 31 gennaio, porta il titolo “Una rivoluzione d’Arte al Caffé Michelangelo” e si focalizza sui protagonisti e l’evoluzione del movimento nato attorno ai tavoli del caffè fiorentino.

La casa museo di via Manzoni presenta riunite, dopo più di quarant’anni, le opere della collezione  Jucker nella mostra “L’incanto dei Macchiaioli nella collezione di Giacomo e Ida Jucker”. Un ponte ideale che unisce Gian Giacomo Poldi Pezzoli, fondatore della Casa Museo, e degni eredi della grande tradizione del collezionismo lombardo. Al nome di Giacomo Jucker e della moglie Ida è legato il collezionismo di opere d’arte del secondo Ottocento italiano, in particolare dei Macchiaioli. Dell’importante scuola pittorica Giacomo ha puntato, soprattutto, a quei capolavori ancora custoditi nelle collezioni storiche, tanto da influenzare con le proprie scelte il gusto e il mercato. Il risultato è una raccolta eccezionale, la prima dedicata al secondo Ottocento italiano di rilevanza e fama davvero internazionali.
L’ambizioso progetto espositivo del Museo Poldi Pezzoli, realizzato in collaborazione con l’Istituto Matteucci di Viareggio, offre al pubblico l’opportunità davvero straordinaria di rivedere, dopo oltre quarant’anni, finalmente di nuovo ricomposta la collezione che dopo il 1974 era andata incontro ad un progressivo smembramento. In mostra cinquantacinque opere di eccezionale qualità e importanza, tra le quali, della Scuola dei Macchiaioli, Costumi livornesi, Silvestro Lega che dipinge sugli scogli, Signore in giardino, La strada che sale, Cavalleggeri in avanscoperta, Ritratto di popolana e Cavallo al sole di Giovanni Fattori; Curiosità, Lettura romantica, Profilo di donna di Silvestro Lega; Il Chiostro di Santa Croce, Stradina al sole, Il Campanile di Badia e Il Mugnone alle Cure di Giuseppe Abbati; Stradina al sole, Settignano, Una via di Edimburgo, Strada alla Capponcina di Telemaco Signorini; Tramonto sull’Arno di Giovanni Costa; La raccolta del grano sull’Appennino di Odoardo Borrani; Lungomare di Vincenzo Cabianca.
E inoltre altre celebri gemme del secondo Ottocento italiano, quali Che freddo! di Giuseppe De Nittis,  La bottega della fioraia e Il micio sulla Biancheria di Giacomo Favretto, Sole d’inverno di Antonio Fontanesi, La chiesa di San Giovanni a Carbonara di Giacinto Gigante, Scugnizzo col salvadanaio di Antonio Mancini, Gioia del colore di Giovanni Segantini.
L’ingresso alla Mostra include anche la visita alle preziose collezioni della Casa Museo Poldi Pezzoli.

Le sale delle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia ospitano, dallo scorso settembre fino al 31 gennaio, “I Macchiaioli. Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo”, un progetto espositivo ideato, prodotto e organizzato da VIDI in collaborazione con il Comune di Pavia e curato da Simona Bartolena e Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici di Pavia. Obiettivo della mostra è quello di focalizzarsi su un preciso momento della vita e dell’evoluzione del movimento pittorico dei Macchiaioli.
Nella seconda metà dell’Ottocento Firenze è una delle capitali culturali più attive in Europa e diventa ben presto punto di riferimento per molti intellettuali. Intorno ai tavoli del caffè Michelangelo si riunisce un gruppo di giovani artisti accomunati dallo spirito di ribellione verso il sistema accademico. Il nome “macchiaioli”, usato per la prima volta in senso dispregiativo dalla critica, viene successivamente adottato dal gruppo stesso in quanto incarna perfettamente la filosofia delle loro opere.
“Era una riunione gaia, allegra – scriveva Giovanni Fattori – dove convenivano tutti gli artisti italiani di ogni provincia. Si stava alla sera riuniti senza rancori né antipatie e vi erano accaniti oppositori dell’arte che si chiamava nuova, però le discussioni erano amene, allegre...”
Dalle origini fino ad opere più mature (I Fidanzati, capolavoro di Silvestro Lega, permeato da una struggente, seppur tranquilla, malinconia) la mostra offre al pubblico un viaggio attraverso la straordinaria rivoluzione artistica che ha preso avvio tra i tavoli di questo celebre caffè fiorentino. L’ultima sala è dedicata alle nuove generazioni che frequentarono il Michelangelo negli Anni Sessanta del Secolo per arrivare all’eredità del movimento macchiaiolo con opere di Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, artisti che, formatisi sulla lezione macchiaiola, hanno scelto poi altre strade trovando a Parigi la celebrità.

Forti del loro entusiasmo giovanile, animati da grandi speranze unitarie e libertarie, i pittori del Michelangelo si buttano anima e corpo nell’epopea risorgimentale. Vi partecipano narrandone gli episodi con i loro dipinti ma anche partendo per il fronte. Alcuni perderanno la vita, come Raffaello Sernesi, scomparso a 28 anni nella terza guerra d’Indipendenza. Altri racconteranno con la loro pittura le cronache di guerra. I macchiaioli lo fanno a modo loro, con un linguaggio severo, asciutto, che concede ben poco al dramma teatrale e ancor meno alla celebrazione. Nessun eroe, nessun nome riconoscibile, nessun episodio passato alla storia. Protagonisti sono le retrovie, gli accampamenti, le ore di riposo. Giovanni Fattori è forse l’interprete più noto di questo genere di scene.
La ricerca interrottasi per la guerra riprende negli Anni Sessanta con rinnovato vigore. Castiglioncello diviene il nuovo quartier generale: i Macchiaioli trascorrono giorni immersi nella natura, guidati dal sentimento del vero.
L’esperienza al Michelangelo si chiude alla fine degli Anni Sessanta. La chiude quella che Signorini definisce “una generazione inasprita dalla politica”. Un’epoca è finita e il gruppo comincia a disgregarsi, ognuno segue la propria strada e le proprie scelte individuali. L’esperienza macchiaiola si chiude lasciando però un’eredità importantissima che supera i confini nazionali, insegnando ad osservare la realtà con occhio nuovo.

Gabriella Aguzzi