Pink Floyd - Their Mortal Remains

31/01/2018

Qualche giorno fa su queste pagine lodavamo incondizionatamente i contenuti del documentario ‘My Generation’, in programmazione nelle nostre sale purtroppo solo per pochi giorni.
Un’occasione preziosa per celebrare e ricordare ulteriormente la ricchezza di idee e la creatività della fine degli anni Sessanta viene fornita dalla mostra ‘Pink Floyd: Their Mortal Remains’, allestita al MACRO di Roma.
La rassegna dedicata alla band, davvero imperdibile per gli appassionati, abbraccia diversi decenni, dagli esordi (il 7” “Arnold Layne” è uscito nel 1967) ai nostri giorni, ma è innegabile che il periodo compreso tra il 1967 e la prima metà degli anni Settanta sia stato straordinariamente significativo per i Pink Floyd.
Gli oggetti esposti, i filmati, le immagini, le fotografie permettono ai visitatori di farsi un’idea precisa dell’immaginario del tempo. Testimoniano l’influsso esercitato da artisti del XIX secolo come Aubrey Beardsley per la sperimentazione di nuovi linguaggi visivi, evidente nei manifesti psichedelici che pubblicizzavano i concerti. Ne sottolineano l’esaltazione della naïveté dell’infanzia, l’evasione dalla realtà e l’uso di droghe allucinogene che schiudevano nuovi orizzonti (ispirazione più o meno diretta, l’Alice di Lewis Carroll), e la produzione di musiche ipnotiche, con parti strumentali spesso dilatate o ripetitive, che durante gli happening miravano, grazie anche all’ausilio di luci stroboscopiche, a far “viaggiare” chi assisteva alle performance.
La mostra illustra l’evoluzione dei Pink Floyd, il loro tentativo costante di innovare o imboccare nuove direzioni, presentando al pubblico una messe di strumenti, sintetizzatori, ed effetti utilizzati dai musicisti del complesso. Di grande fascino gli spazi dedicati allo studio grafico Hipgnosis e alla progettazione delle copertine e delle illustrazioni che hanno impreziosito gli album incisi da Waters e compagni. 
Ciascuno dei visitatori troverà spunti interessanti: dai fan integralisti, quelli della scuola di pensiero “i Pink Floyd sono morti quando Barrett è uscito dal gruppo”, ai moderatamente interessati alla musica e alle vicende di una band diventata “pretenziosa, ampollosa e teatrale a partire dal doppio LP ‘The Wall’”, fino ai sostenitori più tenaci che continueranno ad acquistare i dischi di Waters e Gilmour anche se cominciassero a registrare musica trap. 
Una chicca, un po’ nascosta nella sala dedicata all’opera ‘The Wall’ in cui giganteggiano i gonfiabili che rappresentano i personaggi della storia: una specie di taccuino, il registro della Cambridgeshire High School for Boys frequentata da Roger Waters, in cui sono annotate con cura le punizioni corporali inflitte col bastone agli allievi “indisciplinati”. Un documento che sembra provenire dalle pagine di Charles Dickens, che rende più chiare la genesi e la natura di quell’album, e che dice tanto dell’Inghilterra dell’epoca.    
Un appuntamento immancabile, di considerevole importanza artistica e culturale.

Andrea Salacone