“Il Paesaggio è la poesia della verità, l’eliminazione di quanto è classico, il paesaggio è la semplicità elegante, il fantasticare della mente in un’ora di quiete” (Giuseppe Giacosa)
Sono gli ultimi giorni per visitare, alla Gam di Torino, la bella Mostra sulla pittura dei Macchiaioli intitolata “I Macchiaioli – Arte Italiana verso la Modernità”, curata da Cristina Acidini e Virginia Bertone, che ripercorre gli antefatti, la nascita e la stagione più felice di questo movimento pittorico, ossia il periodo che va dalla sperimentazione degli anni Cinquanta dell’Ottocento ai capolavori degli anni Sessanta.
Organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura, presenta circa 80 opere provenienti dai più importanti musei italiani, enti e collezioni private, in un ricco racconto artistico sulla storia della pittura macchiaiola, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i contemporanei italiani.
E’ significativo che la Mostra sia stata realizzata a Torino poiché, se fu a Firenze che i giovani frequentatori del Caffè Michelangelo misero a punto “la macchia”, è a Torino che, negli anni della sua proclamazione a Capitale del Regno d’Italia in cui visse una stagione di grande fermento culturale, questa coraggiosa sperimentazione ebbe la sua prima affermazione alla Promotrice delle Belle Arti.
Il percorso inizia con il racconto della formazione dei protagonisti dove il confronto delle opere di pittori e maestri accademici di gusto romantico o purista, come Giuseppe Bezzuoli, Luigi Mussini, Enrico Pollastrini, Antonio Ciseri, Stefano Ussi con giovani futuri macchiaioli come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Cristiano Banti, Odoardo Borrani mette in evidenza la loro educazione tradizionale, rispettosa dei grandi esempi rinascimentali. Particolare attenzione viene restituita ad Antonio Fontanesi, nel bicentenario della nascita, agli artisti piemontesi della Scuola di Rivara (Carlo Pittara, Ernesto Bertea, Federico Pastoris e Alfredo D’Andrade) e ai liguri della Scuola dei Grigi (Serafino De Avendaño, Ernesto Rayper).
Si affronta quindi la sperimentazione della macchia applicata al rinnovamento dei soggetti storici e di paesaggio, con opere degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta, durante i quali talvolta gli amici si trovavano vicini a dipingere lo stesso soggetto da angolature di poco variate, così da evidenziare il loro percorso comune. Possiamo ammirare paesaggi inondati dal sole, vedute dell’Arno, la campagna toscana e Castiglioncello, le Monachine di Vincenzo Cabianca o Il Ritorno dalla Messa (In via per la Chiesa) di Cristiano Banti. In questa cornice è evidente il dialogo che sospinse alcuni artisti tra Piemonte, Liguria e Toscana a condurre le ricerche “sul vero”. Furono anni di sperimentazione in cui le ricerche sul colore-luce, condotte en plein air, crearono un comune denominatore tra pittori legati in gruppi e cenacoli.
Un’occasione dunque non solo per ammirare capolavori assoluti della pittura macchiaiola, ma permetterne una migliore comprensione sottolineando il dialogo che ha unito gli artisti di varie parti d’Italia nella ricerca tesa alla modernità.
Scrive Diego Martelli “E fu detto che la forma non esisteva e siccome alla linea tutto risulta per colori e per chiaroscuri così si volle solamente per macchia, ossia per colori e per toni, ottenere il vero” .