Mario Sironi, Sintesi e Grandiosità
21/01/2022

A sessant’anni dalla morte una delle più ampie mostre mai dedicate a Mario Sironi, ancora visitabile fino al 27 Marzo al Museo del Novecento di Milano. Definito “il Pittore del Paesaggio Urbano”, poiché questa è la caratteristica predominante con cui denominarlo, ha tuttavia attraversato diversi momenti stilistici e sperimentazioni e assorbito le influenze artistiche dei movimenti con cui entrava in contatto e ben ce lo illustra la panoramica di 110 opere che ne ricostruiscono l’intero percorso artistico. Un itinerario lineare che va dalla giovanile stagione simbolista all’adesione al Futurismo e marca l’evoluzione pittorica di una vita artistica pur sempre contrassegnata dalla visione drammatica e dalle tinte cupe.
Tra gli iniziatori del movimento Novecento, che voleva un ritorno all’ordine dopo le sperimentazioni avanguardiste, Sironi ha colto nei suoi dipinti lo squallore urbano elevandolo a bellezza.

La grande ed approfondita retrospettiva si apre con gli autoritratti e con le prime sale dedicate agli influssi del Divisionismo e del Futurismo, quando entra in contatto con Boccioni. Sironi sperimenta quindi la pittura metafisica, ma i suoi manichini sono umani rispetto a quelli di De Chirico.
L’impatto con Milano porta Sironi a concentrarsi sul tema del paesaggio urbano. Dipinge periferie disadorne in cui si mescolano dramma e grandiosità, pessimismo e volontà costruttiva. Nella seconda metà degli Anni Venti abbandona gradualmente il segno preciso degli anni precedenti e dà maggiore fluidità al disegno. Continua a dipingere paesaggi urbani, ma anche figure e paesaggi primordiali e mitici. Rinnova anche l’iconografia della famiglia, sostituendo alle tradizionali immagini di marito, moglie e figli in salotto un’immagine immersa in un’atmosfera senza tempo.

A partire dal 1929 Sironi attraversa una crisi espressionista che culmina nel 1930 con opere cariche di tensione e pennellate violente. Il disegno diventa rapido e abbreviato, ma alla fine del 1930 la crisi espressionista viene superata e Sironi torna ad una figurazione più ferma che prelude alla stagione monumentale. Una sezione della Mostra è dedicata infatti ai capolavori monumentali che testimoniano il suo legame con la pittura murale degli Anni Trenta.
Gli ultimi anni sono marcati da tragedie (rischia la fucilazione e il suicidio della figlia diciottenne lo segna inesorabilmente) che si rivelano anche nella pittura, fino al suo ultimo quadro, esposto nella Mostra, dipinto poco prima della morte. I paesaggi si fanno sempre più vuoti e desolati, devastati dalla guerra. Nel doloroso “Lazzaro” del ’46 Sironi dipinge un Lazzaro che non risorge, simbolo del crollo di tutte le sue idee, a cominciare dal fascismo in cui aveva creduto.
Gabriella Aguzzi