Monet, capolavori del Musée Marmottan

01/03/2022

All’ingresso della Mostra si è immersi in un tripudio di ninfee. Luci e colori che accolgono il visitatore e lo preparano al percorso attraverso cinquanta capolavori dell’artista più amato tra gli Impressionisti. Le opere provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi approdano a Palazzo Ducale di Genova, dopo la tappa a Palazzo Reale di Milano, e la grande Mostra inaugurata l’11 febbraio sarà visitabile fino al 22 maggio.
Il vastissimo patrimonio artistico del Musée Marmottan Monet, che possiede il nucleo più grande al mondo delle opere del pittore, frutto di una generosa donazione del figlio Michel, è raccontato nel percorso della Mostra, prodotta e organizzata da Arthemisia e curata da Marianne Mathieu, studiosa di Monet e direttrice scientifica dello stesso museo parigino. Sono le opere a cui Monet teneva maggiormente, quelle che ha conservato gelosamente nella sua casa di Giverny fino alla morte, quelle da cui non ha mai voluto separarsi. Raccontano il suo amore per la natura e la sua passione per il giardinaggio, fino ai magnifici giardini di Giverny che divennero luogo di contemplazione e di ispirazione. Verdeggianti salici piangenti, viali di rose e solitari ponticelli giapponesi dai colori impalpabili fanno da cornice a una natura ritratta in ogni suo più sfuggente attimo, variazione di luce, tempo o stagione.

Monet, Maestro della pittura en plein air, dedicherà l’intera vita a cercare di cogliere le variazioni luminose e le impressioni cromatiche dei luoghi che osservava. Più che il soggetto lo interessa il modo in cui viene trasfigurato dalla luce. Per catturare la luminosità sempre mutevole lavora in fretta, con pennellate che si susseguono rapidamente. Il suo rapporto con la luce risulta evidente dai capolavori esposti nella prima sezione della Mostra, in cui appaiono i luoghi da lui più amati: Etretat con la sua bellezza selvaggia (l’artista dipinse quasi novanta tele che ritraggono la riva, le barche da pesca e le scogliere calcaree), il porto di Honfleur, la spiaggia di Pourville, il ponte di Charing Cross che osservava dalla finestra della sua camera durante i soggiorni londinesi.
Londra fu un vero e proprio laboratorio di sperimentazione con i suoi paesaggi spettrali generati dai fumi delle fabbriche e dalla foschia del Tamigi. Una nuova fase di ricerca si apre sulla nebbia impalpabile che copre le architetture e la luce mutevole che sfiora la superficie dell’acqua.

La seconda parte della Mostra è dedicata a Giverny. La linea dell’orizzonte ancora presente nei paesaggi londinesi qui manca del tutto. Rimangono soltanto, nell’inquadratura audace, i riflessi della vegetazione che cresce intorno allo stagno e le ninfee isolate, appena abbozzate. Dal 1914 alla sua morte Monet esegue infatti centoventicinque pannelli di grandi dimensioni che hanno come soggetto lo specchio d’acqua del suo giardino, tra cui le opere note col nome di Ninfee dell’Orangerie.
Sono dipinti monumentali realizzati direttamente nell’Atelier che raffigurano una piccola parte del suo stagno e in cui si annulla ogni riferimento prospettico reale. Monet immerge l’osservatore in una distesa d’acqua che si fa specchio: le nuvole e le fronde dei salici si riflettono sulla superficie dello stagno e il sopra e il sotto sono ormai indistinguibili, trasformandosi in paesaggi senza inizio né fine.

Gabriella Aguzzi