Il buio e la luce di True Detective: chiusa la prima stagione

27/10/2014

Si è conclusa la prima antologia di episodi di True Detective, i primi otto episodi. Non serve, a mio parere, ritenere che ci si trovi dinanzi ad una gemma, ad un prodotto televisivo di altissima qualità.
Impossibile che non ci si accorga da spettatori che vi è un involontario contributo o citazione a tutto quanto sul genere è stato scritto e diretto: il male e il bene, la depravazione e l'ingenuità, la vita e il destino. I personaggi si sono interrogati su quanto spazio nel mondo occupano il buio e la luce, l'amore e la crudeltà, e i veri protagonisti sono il giorno e la notte che si alternano senza la pace del sonno; tutto negli episodi non riesce a trovare conforto negli affetti e possiede una coscienza tormentata: i paesaggi, le case, gli uomini e soprattutto la logorroica voce dell'impotenza umana al cospetto della mancanza di insensatezza di tutto ciò che circonda.
Matthew McConaughey e Woody Harrelson sono la qualità degli episodi, sono il cambiamento e il diversivo che occorreva a mutare in meglio il processo narrativo, sono l'esperienza attoriale più profonda e drammatica del genere televisivo degli ultimi anni.
Mi sono ricreduto su Harrelson, è più di una spalla, fragile e inadeguato come personaggio, magnifico nella semplicità fisica, negli sguardi emotivamente quasi banali, che dedica alla sua quotidianeità. McConaughey è un gigante, è lui True Detective, non aggiungo altro.
Basta soffermarsi su questi due personaggi, sui tanti momenti di grazia della serie, che verso la fine dell'ottavo episodio sono l'uno dinanzi all'altro, uno su di una sedia a rotelle e l'altro inginocchiato; uno dei due, McConaughey con l'immancabile sigaretta in bocca piange, si lascia andare al suo dolore perchè ad un certo punto ferito seriamente e sanguinante con l'amico ed ex collega che cerca di soccorrerlo, nel delirio del corpo dissanguato, crede di stare raggiungendo finalmente l'amore ovvero il ricordo di una figlia e di un padre morto, uniche persone che ha amato; si lamenta di essere sfuggito anche questa volta alla fine di una morte agognata. Poi su di loro, come sempre, il cielo stellato senza nessuna legge morale sotto.
E ancora, nel bar dove lavora McConaughey, il cammeo piccolo di un attore che interpreta il proprietario del bar stesso: nessuna battuta, solo e sempre il solito silenzio, imbarazzante, premonitore di un dolore mai rimosso che ha consumato.
Chiunque riesca a guardarlo non si aspetti che tutto finisca con un cattivo inseguito, trovato, catturato o ucciso anche se così potrebbe apparire. Il male, gli uomini non riusciranno mai a fermarlo, cammina, semina feriti e morti ovunque; le colpe sono non dei singoli ma della collettività, di chi non pagherà mai perchè nessuno lo braccherà e gli dedicherà la vita di poliziotto come quella privata, fosse pure un unico scopo di vita. Nessuna redenzione, quindi.
Aspetto la seconda stagione con protagonisti Colin Farrell e Vince Vaughn, scritto sempre da Nic Pizzolatto. Non lo dimentichiamo che dirige una scrittura senza precedenti, lucida e geniale nel contempo.

Damiano Landriccia