
Serie TV di Little Marvin, con Deborah Ayorinde, Ashley Thomas. Su Prime Video
La famiglia Emory, afroamericana, si trasferisce dalla rurale North Carolina nella benestante cittadina di Compton, in California, interamente abitata da bianchi, all’inizio degli anni ‘50. L’odio della comunità locale farà riaffiorare antichi demoni, intrinsecamente personali, ma indissolubilmente legati al territorio in cui avvengono le vicende. Al netto di qualche lungaggine (tipica di ogni serie televisiva esistente), si rimane incollati alle puntate, per capire come farà questa famiglia agiata e borghese a contrastare le inimicizie delle persone attorno a loro.
“Them” è una serie di dieci puntate da circa un’ora l’una, che si instaura in tutto e per tutto all’interno del nuovo “black horror”, dove finalmente possiamo trovare gli stilemi dei generi utilizzati per raccontare qualcosa di politicamente e storicamente specifico. L’onda contemporanea, iniziata con Jordan Peele, sfonda il tetto dei film storici e didascalici, per arrivare a utilizzare scenari e immaginari della storia americana in una chiave visivamente molto interessante. Il gioco delle luci e delle ambientazioni che già abbiamo visto nei lavori del già citato Peele (ma non solo) ritornano in questo lavoro, potentissimo a livello visivo.
Interessante, a tal proposito, le riprese ossessive sui primi piani che evidenziano le storture inquietanti anche sui volti più angelici, i campi claustrofobici nei luoghi dove gli Emory entrano in contatto con dei bianchi, e l’intensità assoluta dei colori caldi e saturati che adorna l’interno della casa degli Emory, contrapposta invece al chiarore sbiadito del mondo esterno. A questo aggiungo l’estetica della dimensione psichica dei personaggi, che inevitabilmente si sovrappone al mondo reale.
Uno degli aspetti più interessanti della serie, difatti, è la capacità di mescolare realtà e sovrannaturale, concreto e onirico. Sogni, ricordi, ma soprattutto traumi. Nel 2021, è difficile riuscire a tenere in angoscia il pubblico attraverso l’uso di fantasmi o creature surreali. Siamo smaliziati, la realtà ci fa molta più paura, poiché possiamo relazionarci con essa. “Them” cala, infatti, l’orrore classico nella componente mentale dei personaggi. La realtà non scompare, è anzi ciò da cui nasce ogni atroce dinamica. I membri della famiglia Emory (madre, padre e due figlie), vengono perseguitati, ognuno da un demone diverso, innescato però dal terribile passato della famiglia e dall’ostilità razzista degli abitanti di Compton. La figlia più piccola, Gracie (Melody Hurd), subisce le influenze di Miss Vera, personaggio fittizio di un manuale di buona educazione – verosimilmente creato da bianchi razzisti, dato il tempo in cui si svolge la storia –, simbolo delle conseguenze di un’educazione improntata sull’obbedienza e l’uniformità sin dalla più tenera età. La figlia maggiore, Ruby (Shahadi Wright Joseph), vessata dai suoi compagni di scuola, si immagina una ragazza bianca che la approccia e le vuole bene, espressione della volontà insita di Ruby di evadere dalla sua condizione di nera, per essere accettata da tutti e aderire a degli standard. La madre si confronta col reverendo Epps, unico personaggio che pare essere storicamente esistito (nell’universo della serie), e a cui viene dedicata un’intera puntata di approfondimento. Il padre, invece, è trascinato nel baratro da un uomo di colore dalla faccia pittata, rassomigliante in tutto e per tutto a Jim Crow, una sorta di mascotte con cui venivano razzisticamente rappresentati gli afroamericani, divenuto il simbolo dell’immaginario discriminatorio negli Stati Uniti di qualche decennio fa (le leggi della segregazione nate dopo l’abolizione della schiavitù portano il suo nome).
Cito queste figure perché esse sono l’espressione migliore di come questo prodotto sia strettamente legato a elementi della cultura statunitense. Partendo da immaginari che hanno caratterizzato il periodo della schiavitù nelle campagne, all’influenza del mondo dell’intrattenimento, a come un certo tipo di educazione condizioni le menti dei giovani neri, innescando in loro la voglia di essere bianchi, di essere “normali”. In questa serie troverete “Shining”, di Stanley Kubrick; David Lynch; ma anche numerosi capolavori della letteratura afroamericana, tra cui “Amatissima” di Toni Morrison (leggetelo, vi prego). Il disprezzo razzista è la miccia che genera ogni tipo di orrore. La conseguenza più funesta: le vittime divengono carnefici inconsapevoli, aggravando la loro situazione. Tramite questa piaga, i protagonisti scivolano lentamente verso la follia. La rabbia repressa dei protagonisti rischierà di esplodere da un momento all’altro e, deflagrando, potrà garantire la prosecuzione della “maledizione” che aleggia su Compton. Qualora la dimensione sovrannaturale dovesse apparire fuori luogo, vi consiglio di approfondire il modo con cui i neri hanno tentato nei decenni di rappresentare quel senso di oppressione che li ha attanagliati per secoli.