Cambia il titolo di anno in anno: Nebbia in Val Padana, Nuotando con le lacrime agli occhi, Una coppia infedele, Finché c’è la salute. Ma lo spettacolo è sempre quello, come una lunghissima replica che prosegue dal momento del grande ritorno insieme: loro due, Cochi e Renato, con il loro feeling immutato, con i loro non sense a ruota libera, con “l’umbrela che ripara la testa” alle loro spalle e soprattutto con il loro repertorio di successi intramontabili e con la valanga di ricordi che si trascinano dietro. Ed è proprio questo che il pubblico ama e richiede e attende di applaudire. Dispiace quindi il tentativo un po’ patetico di “attualizzare” il tutto, con battute che suonano già vecchie e superate e che stonano con il tempo che le loro stesse figure rievocano. Così condiscono di toni grevi le loro gag surreali, di tocchi di qualunquismo scontato la loro comicità stralunata, come se quelle riflessioni demenziali, quei giochi di parole e associazioni di idee e quelle canzoni deliranti che avevano aperto la strada al cabaret milanese non fossero più sufficienti. Invece è ciò che il pubblico reclama e i bis arrivano come uno scoppio liberatorio, quando finalmente scatta l’operazione nostalgia: “La canzone intelligente” eseguita col passo a gamba divaricata, “E la vita, la vita”, “Come porti i capelli bella bionda”, e l’immancabile finale con “L’uselin de la comare”.