Sonno o passione

03/06/2008

«La forza di Sonno o Passione» sottolinea Alice Serra, una dei direttori creativi della manifestazione, «sta nella sua interdisciplinarietà: è l’espressione collettiva dell’Accademia, il momento in cui gli studenti, appartenenti ai settori più vari, dal teatro al cinema all’arte figurativa, collaborano insieme». Ogni serata infatti, dopo un aperitivo gratuito, mette in cartellone due spettacoli teatrali, due cortometraggi, quattro reportages realizzati da altrettanti filmaker, dimostrazioni di tecnica del doppiaggio e, permanentemente, mostre fotografiche ed installazioni scenografiche realizzate dagli allievi dell’Accademia. Fra i cortometraggi e le piéces teatrali presentate, maghi, ciarlatani ed imbroglioni s’inseguono con sogni, incubi, incantesmi e superstizioni, per tratteggiare un’umanità alla ricerca disperata d’un ubi consistam: il protagonista de La jattura di Marcello Sanna, uomo perseguitato dalla sfortuna (o convinto d’esserlo?) viene ingannato da santone che, approfittando della sua debolezza, gli ruba il biglietto vincente della lotteria. Nessuno otterrà ciò che cerca, perché il biglietto prenderà fuoco, facendo così svaporare i facili sogni della ricchezza e del successo. Similmente, la fragile protagonista di Benedicion, piéce di Rui Albert Padul, ossessionata dalla scaramanzia e dalla superstizione, finirà annientata dalle proprie paure. Ma in Sonno o Passione non ci si perde solamente, spesso anzi ci si ritrova: il protagonista di O’ cor’ mmamma soja, per la regia di Stefano Belli, non riesce a conciliare le proprie radici con la vita attuale e frenetica della Milano capitalistica. Lo vediamo condurre una vita aliena e metallica, solitaria e vuota, mentre un convincente montaggio alternato utilizza filmati di repertorio per mostrarci la Napoli più autentica, bagnata dal sole, dal mare e dal bianco accecante dei panni stesi al vento. Alla fine l’uomo deciderà di partire e, sperduto Pulcinella di Piazza Duomo, s’accomiata da Milano, in una sequenza di toccante realismo magico che, memore della lezione di Bontempelli, non dimentica lo stupore di fronte alla straordinarietà dell’ordinario. Ideale conclusione di questo percorso, che solleva temi importanti come la paura dell’ignoto, la schiavitù della superstizione, la credulità e la faciloneria della gente alla ricerca inesausta d’una risposta, L’arcobaleno di Neil Devetti – del quale si era già ammirato l’interessante Arlecchino, soprattutto servo – che racconta il viaggio iniziatico e catartico di un uomo alla ricerca dell’Arcobaleno, effimero paradiso simbolico: non troverà, come da leggenda, la mitica pentola d’oro custodita dai Leprecauni, ma il tesoro della propria identità perduta.

Andrea Morstabilini