
Dopo “Le sorelle d’Italia”, l’avanspettacolo fondamentalista con Isa Danieli e Veronica Pivetti, al Sala Umberto approdano altre donne, quelle tratte dal libro di Benni, “Le Beatrici”.
L’autore bolognese ne ha curato anche l’adattamento teatrale e la messa in scena.
Dell’iniziale raccolta di otto psicologie femminili ne restano cinque: Benni ha eliminato le vecchiette bisbetiche, preferendo le giovani estreme. Così, a teatro si susseguono cinque monologhi stravaganti, a tratteggiare altrettante figure bizzarre, grottesche, poco femminili. Desideri reconditi, spasmi amorosi, confidenze e paure sono descritte attraverso una scrittura decisamente maschia (non solo per l’abuso di parolacce). La protagonista del primo monologo è la Beatrice dantesca (Gisella Szaniszlò), in una versione originale e dissacrante. “Fior di vaniglia/ il tempo passa e nessuno mi si piglia/ Si sposan tutte quante/ e a me tocca di aspettar Dante.” A seguire, un’adolescente crudele assetata di comparsate TV, figlia spirituale di Federico Moccia (Alice Redini), una donna in carriera/maschio mancato, che cinicamente “riposiziona” il personale in esubero in scatole di latta (Elisa Marinoni), una donna in attesa (Valentina Chico) e una suora pansessista che avrebbe fatto la fortuna di Freud (Valentina Virando, la migliore del gruppo).
Le Beatrici attraversano l’universo femminile e lo fotografano da un punto di vista tutto tutto maschile. Sono eccessive, tragicomiche, in alcuni punti molto prevedibili. Benni è sicuramente una delle migliori penne italiane, visto piacevolmente a teatro più volte. Eppure con “Le Beatrici” delude, sembra stanco, scontato, i personaggi sono ritriti. Peccato. E pensare che lo spettacolo passerà, poi, al Brancaccino.
Teatro Sala Umberto
Via della Mercede 50
Roma
Fino al 21 ottobre