Presentato all'interno del Napoli Teatro Festival Italia lo scorso giugno, Antonio e Cleopatra segue una linea operativa già avviata dal regista partenopeo con Vestire gli ignudi (2010) e con Antigone (2012). De Fusco utilizza un'intensa “commistione teatro/video – come lui stesso sottolinea - che punta ad un radicale rifiuto del naturalismo. Credo che il teatro non sia più competitivo con il cinema e la tv nel realismo mimetico, e che, quindi, non abbia più senso condurre regie basate su porte che si aprono e si chiudono, attori che si muovono sulla scena come nella vita, o, nel caso in questione, addirittura di navi che compaiono in scena come in un kolossal. Credo che attraverso l'uso combinato di immagine video e grande presenza della musica si possa realizzare un teatro molto moderno che in realtà si richiama alle origini del teatro, in cui gli attori non si muovevano naturalisticamente, ma "dicevano" il testo, accompagnati dalla musica”.
E De Fusco continua nel suo intento, scegliendo un copione non facilissimo, un'opera di Shakespeare che è metafora del rapporto tra Oriente e Occidente e, ad un livello più intimista, tra scena pubblica e vita privata, una pièce che sviscera i contrasti tipici di una coppia atipica, quella formata appunto da Antonio e Cleopatra.
Sullo sfondo della loro storia d'amore (o di lussuria) si affacciano Cesare Ottaviano, triumviro insieme a Marco Antonio e futuro primo imperatore di Roma, Ottavia, Eros, Agrippa. Pochi attori per la tragedia che ripercorre in cinque atti la relazione tra la regina d'Egitto e il comandante romano, a partire dalla guerra contro i Parti fino al suicidio di Cleopatra.
De Fusco rafforza il suo progetto di un teatro di regia e, di fatto, in scena porta un buon gioco di travasi fra piano reale e piano virtuale: i personaggi si muovono come in un plumbeo limbo, chiuso da una tela sul boccascena; lo schermo così creato riceve proiezioni di particolari e primissimi piani, crea scene di gruppo e riesce a far invadere il teatro da elementi naturali.
Viene utilizzato il linguaggio cinematografico, si fa del montaggio, sono scelti punti di vista e inquadrature; il regista fa un uso mirato dei dettagli e dei tagli di luce, crea un'opera multimediale, un mix di TV e cinema, teatro e danza. L'utopia wagneriana sull’opera d’arte totale riprende il bianco e nero di Fritz Lang, scegliendo delle inquadrature dal basso e delle scene che ricordano film anni Trenta.
Non ci sono navi, né eserciti, né palazzi in scena, ma solo luci, ombre, proiezioni che si sovrappongono o si alternano generando un effetto scenico di impatto, grazie al lavoro integrato dello scenografo Maurizio Balò e del light designer Gigi Saccomandi.
La costumista Zaira de Vincentiis amplifica la fisicità dei personaggi, i corpi risultano scolpiti come in un basso rilievo, marmorei, sembrano riprendere vita dall'oltretomba, solo per rendere pubblica e chiara a tutti una vicenda ormai conclusa.
In questa versione, tradotta da Gianni Garrera, la parola si amplifica e, con l'ausilio delle immagini, crea la scena.
Pochi attori interpretano alcuni tra i personaggi più contraddittori della storia del teatro, equipaggiati con un'arma potentissima, l'iperbole. Su tutti svetta Antonio, il possente Luca Lazzareschi: elegante come un giovane Vittorio Gassman e, soprattutto, maestoso, riporta ad un certo Carmelo Bene, per la marcata mimica facciale, evidenziata nei PPP e nei contre-plongée che gli conferiscono grandiosità.
Accanto a Lazzareschi troviamo Gaia Aprea, che dà a Cleopatra movenze molto seduttive, che si impastano con una voce roca, (forse troppo), strozzata, a tratti animalesca. La regina è ambigua e, come spesso in Shakespeare, alterna registro comico e drammatico, nella malinconia della donna non più giovane, Cleopatra, che si misura con lo sfiorire della sua bellezza.
Le musiche, molto evocative, sono dell'israeliano Ran Bagno, funzionali alla messa in scena, creano il giusto pathos.
Al Teatro Eliseo fino al 9 febbraio.
Con: Luca Lazzareschi - Marco Antonio
Gaia Aprea - Cleopatra
Stefano Ferraro - Agrippa
Serena Marziale - Carmiana
Paolo Cresta - Demetrio
Giacinto Palmarini - Cesare Ottaviano
Alfonso Postiglione - Messaggero e Contadino
Federica Sandrini - Iras e Ottavia
Gabriele Saurio - Mecenate
Paolo Serra - Enobarbo e Mardiano
Enzo Turrin - Eros e Lepido
e con la partecipazione in video di Eros Pagni - Indovino
e del Corpo di ballo del Teatro di San Carlo