
Un ideale viaggio di 80 minuti intorno alla nostra amata Terra, grazie alle storie di uomini, alle vicende di emigrati e alle musiche di artisti che impersonano al 100% il senso della globalizzazione.
Sono i diciotto membri dell'Orchestra di Piazza Vittorio, musicisti e cantanti di dieci diverse nazionalità, riuniti in un progetto pensato e voluto nel 2002 da Mario Tronco e Agostino Ferrente.
Per il secondo anno consecutivo, L'Orchestra porta in scena il suo particolarissimo “Giro del mondo in 80 minuti” al Teatro Olimpico.
“Noi parliamo di immigrazione, integrazione, multiculturalità in modo positivo, perché è importante capire che alle persone si devono dare delle possibilità, a prescindere dalla loro provenienza o dalla religione”, dice Pino Pecorelli, uno dei componenti storici dell’Orchestra.
E in questi ottanta minuti di musica-teatro vengono raccontate storie, non favole. Certo, si ricorre ad espedienti narrativi per catturare l'attenzione e rendere il confronto più stimolante, ma la realtà cui si fa riferimento spesso è poco morbida.
La drammaturgia è a cura di Mario Tronco, Giulia Steigerwalt e Daniele Spanò: non è ai livelli delle precedenti opere dell'Orchestra. Chi avesse visto “Il flauto magico” resterebbe un po' frenato, in sala; il coinvolgimento è minore, ma le melodie restano molto evocative.
Le scenografia e i video proiettati sono di Daniele Spanò, mentre i costumi sono di Katia Marcanio e Livia Fulvio: sostanzialmente, in scena sono tutti marinaretti, con il capitano/direttore d'orchestra, un gladiatore di colore scappato dal Colosseo e un insurrezionalista ispanico, con basco e mimetica. A primo acchito sembra un ensemble assurdo, eppure c'è una logica ben precisa.
La zattera che parte per il giro del mondo in 80 minuti è, infatti, una miscela di umanità, razze, lingue, colori, religioni e culture.
È notte sulla banchina del porto di Belesh, quando la nostra imbarcazione si prepara a salpare. L’equipaggio suona una dolce melodia, cantata da una donna che stona per il suo abito rosso acceso, sembra scappata da una festa e ripete: “Non voglio dormire, voglio solo abbracciarti e sognare”. In penombra, un ragazzo africano dall’aspetto principesco la osserva e si unisce al canto.
Altra scena. Giorno seguente. Un gladiatore di colore legge un annuncio: “Alle 21 di oggi partirà una barca per un lungo e meraviglioso viaggio dalla meta sconosciuta. Il biglietto è gratuito, l’unica condizione per potersi imbarcare è portare con sé una canzone. Ed è consentito un solo bagaglio”. Simon, questo il nome dell’uomo, guarda l’orologio e si accorge che mancano solo ottanta minuti alla partenza. Ha pochissimo tempo per realizzare il suo sogno e imbarcarsi per una nuova vita. Non ha nulla con sé, a parte il suo abito da lavoro: fa le foto coi turisti al Colosseo, vestito da gladiatore.
Altra scena. Al porto è quasi tramonto e sulla zattera iniziano ad arrivare i viaggiatori (i musicisti dell'Orchestra di Piazza Vittorio). Ad accoglierli, con le loro valigie cariche di oggetti, suoni e ricordi, è Mario Tronco, il loro condottiero e comandante.
All'ingresso si alternano un giovane cubano con un'imponente valigia, da cui escono musicisti; due arabi che cercano di corrompere il capitano per imbarcare più valigie; un improbabile cantante di tango; uno scettico indio; un africano con una trousse magica, grazie alla quale riesce a cantare in qualsiasi lingua. C'è anche un ciarlatano che riporta alla mente uno sketch della Smorfia, quando il minollo-Massimo Troisi tentava di imbarcarsi sull'arca di Noè spacciandosi per un animale inventato, il minollo, appunto.
L'impressione che la zattera dà è di pienezza, di caos creativo e magia. Le storie raccontate sono al contempo fantasiose e autobiografiche, per cui l’Orchestra di Piazza Vittorio si racconta attraverso il suo modo di fare e pensare la musica.
Lo spettacolo torna per il secondo anno consecutivo al Teatro Olimpico rinnovato in due punti: c'è l'ospite fisso, Luca Barbarossa, che ogni sera intraprende il viaggio sulla zattera apportando il suo contributo, e, in chiusura, c'è lo spettacolo di Body percussion offerto da un gruppo di giovani allievi della Scuola Popolare di Musica "Donna Olimpia".
L'opera apre una finestra su temi di grande attualità sociale: immigrazione, integrazione, religioni. Il confronto potrebbe partire a teatro, per poi continuare a casa, in famiglia. Lo spettacolo fornisce buoni spunti di riflessione.
www.orchestrapiazzavittorio.it
Houcine Ataa - voce
Emanuele Bultrini - chitarre
Peppe D’Argenzio - sax baritono e soprano
Sylvie Lewis – voce e chitarra
Omar Lopez Valle – voce, tromba, flicorno
Ernesto Lopez Maturell - voce, batteria
Sanjay Kansa Banik - tablas
Zsuzsanna Krasznai - violoncello
Luca Bagagli - violino
Gaia Orsoni – viola
Carlos Paz Duque - voce, flauti andini
Pino Pecorelli - contrabbasso, basso elettrico
Leandro Piccioni - pianoforte e tastiere
Raul Scebba - voce, vibrafono, percussioni
El Hadji Yeri Samb - voce, djembe, dumdum, sabar
Kaw Dialy Mady Sissoko - voce, kora
Ziad Trabelsi - voce, oud
e con Luca Barbarossa