"Sutra" a Villa Adriana

09/07/2008

Sono portatori sani di forza che incanalano con precisione e determinazione in gesti vecchi di millenni ma sempre nuovi e rinnovati, figli dei sutra del Canone Buddista. Nel corpo incarnano l'essenza della spiritualità più profonda e sofferta. Sono i monaci Shaolin del Tempio Shaolinsi, nella regione dell'Henan, in Cina. Lì è nato lo Shàolínquán, l'arte marziale da cui si dice nacquero tutte le altre arti marziali. A Shaolin la pratica Zen convoglia la forza nel gesto e i monaci diventano guerrieri invincibili non solo spiritualmente, ma anche fisicamente, capaci di cose inimmaginabili per gli altri uomini. Rompono pietre con il cranio, stanno in equilibrio su una lancia conficcata nell'ombelico, fermano una freccia con le mani, spaccano tronchi di legno con la testa, saltano e corrono come animali, hanno una resistenza non paragonabile a nient'altro. Diventano sovrumani.

     Preservare nella pratica, non abbandonare
I monaci Shaolin sono stati scoperti dall'occidente che ne ha fatto dei fenomeni da baraccone. Bellissimi fenomeni da baraccone. Ho visto i monaci in un loro spettacolo qualche anno fa a Milano e ne ero rimasto colpitissimo. Affrontavano i limiti umani con forza e con coraggio e con facilità li superavano, lasciando tutti a bocca aperta.
Li ho rivisti l'altro giorno, in un contesto completamente diverso.

E' l'ora del tramonto e il fumo delle candele alla citronella brucia l'aria senza ancora illuminarla troppo. Cammino tra le rovine romane degli scavi di Villa Adriana a Tivoli che stasera ospiteranno lo spettacolo Sutra, del coreografo fiammingo/marocchino Sidi Larbi Cherkaoui.
Il teatro è mezzo vuoto. Forse la pubblicità è stata poca, forse questo genere di cose non affascina il grande pubblico.
La scena è semplice: tre teli bianchi che dal basso salgono fino alle americane che sostengono poche luci. Un allestimento povero, da teatro popolare. In scena ci sono solo una ventina di scatole di legno che diventano ora case, ora tombe, ora rifugi, ora conchiglie, ora mattoni, ora cassetti. Con una capacità di racconto unica.
E naturalmente in scena ci sono loro, i monaci. Monaci che saltano, che combattono, che corrono, che diventano tigri, serpenti, uccelli. Ogni monaco scompare nella sua unicità per diventare un arto di un animale multiforme, mai uguale a sé stesso e sempre suscitante stupore.


     Unire tutti gli stili, non rifiutare gli altri stili
Bravissimi. E bravissimo il loro coordinatore, capace di mettere le strutture di racconto occidentali al servizio del Buddismo Chan e delle capacità dei monaci, senza cadere nella facile spettacolarizzazione da circo Barnum, privilegiando la dimensione spirituale.

     Rispettare il proprio Maestro, non essere presuntuosi
Lo spettacolo finisce che è già notte, con le rovine illuminate che cercano il proprio spazio nella notte, per non farsi dimenticare. I monaci salutano seri o forse seriosi, mentre la gente applaude in silenzio.

     Purificarsi, non essere lussuriosi
Nel buio, mentre torniamo verso Roma, vediamo tutti i monaci in fila che si incamminano verso chissà dove.


     Trasmettere le arti ai buoni e non ai cattivi
I monaci hanno deciso di trasmetterci un po' delle loro arti. Ci credono buoni. Forse ci sopravvalutano.

     (in italico alcune delle regole del Tempio Shaolinsi)
Alcuni link:

Sutra a Villa Adriana

Tourné Mondiale di Sutra

Giona Peduzzi