Don Giovanni all'Arena di Verona

22/08/2015

Di tutti i luoghi dove mettere in scena un'Opera Lirica, l'Arena di Verona è di sicuro uno dei più suggestivi e “mitici” ed era pertanto inevitabile un incontro, nell'ambito della 93 esima edizione del Festival Lirico, con un'opera altrettanto “mitica”, il “Don Giovanni” di W.A. Mozart, che dal 1787 è andato in scena quasi ininterrottamente, divenendo una delle opere più apprezzate non solo dell'autore ma dell'intera storia della musica.
Seconda delle tre opere italiane, scritte su libretto di Lorenzo Da Ponte, è probabilmente la composizione più drammatica di Mozart. Non bisogna infatti farsi fuorviare dalle arie famose (“Madamina il catalogo è questo”, “Là ci darem la mano...”), dal tono generale di opera buffa, dal personaggio di Leporello: la storia - incentrata sul tema dell'inganno, del mascheramento e del tradimento - infatti ha un fondo cupo, e si apre e si chiude con un delitto e il suo castigo ( particolarmente significativo è che nella versione viennese, posteriore a quella delle rappresentazioni praghesi qui rispettate, Mozart decise di tagliare il “lieto fine” con il concertato in re maggiore e la morale, per concludere con la scena 19 in re minore – in sintonia con l'ouverture – e la discesa agli inferi di Don Giovanni).

Se Da Ponte già fornì un libretto denso di ambiguità e ricco di eventi, traendo ispirazione da diversi drammi riguardanti il seduttore di Siviglia e il convitato di pietra (Tirso da Molina e Moliere in primis), la genialità di Mozart consiste nell'aver tradotto in musica tutta la duplicità e ambiguità del testo e dei personaggi: Don Giovanni è il nobile protagonista, ma vocalmente è un baritono; l'insieme è giocoso e leggero, eppure abbondano i virtuosismi (musica nella musica, duetti che diventano anche quartetti o sestetti, il ritorno ciclico di alcuni motivi) e le sonorità drammatiche; e altrettanto sono commistionati i personaggi buffi e quelli drammatici.
La regia e scenografia di Franco Zeffirelli, così come gli splendidi costumi di Maurizio Millenotti, sottolineano tutto ciò: da un lato lo sfarzo delle scenografie barocche, delle centinaia di comparse, dei vividi colori dei costumi popolari; dall'altro le luci livide e notturne, i colori monocromi, per lo più neri, dei personaggi seri, le statue incombenti. Uno spettacolo meraviglioso che lo sfondo della notte veronese non fa che amplificare

Elena Aguzzi