Tanti Lati - Latitanti

21/01/2016

Le relazioni umane: ecco il fulcro del nuovo spettacolo teatrale di Alessandro Besentini e Francesco Villa, in arte Ale e Franz. Il testo di “Tanti Lati – Latitanti” ci riporta scanzonato l’intricata autostrada di emozioni e ragionamenti che siamo in grado di costruirci intorno, mettendo a fuoco ciò che di folle c’è nell’essere umano. La soluzione? Ridere. Ridere di noi, per noi e con noi. 

Di lati ce ne sono tanti, in effetti, dai quali vedere la vita. Per il duo comico insieme da 24 anni, la vita da inquadrare si è evoluta. In questo momento, non risulta più quella che inquadravano con le telecamere di Zelig o di Buona la prima. Sembra che col passare degli anni, come per tutti, sia arrivato anche per Ale e Franz il momento di cambiare: se non il registro, sempre surreale, i temi sui quali passare con un Caterpillar di ironia.
La concretezza degli adulti traspare dalla scelta di situazioni più concrete: non più gangster noir né bambini a dialogare dalle culle. L’ironia - molto più amara del solito - si spalma sulla problematica gender, ma anche sulla religione, la terza età, l’immigrazione e la sempiterna incomunicabilità fra uomo e donna.

Ogni incontro nasce da una coppia e ogni coppia da un incontro. Il non-sense resta la cifra stilistica, anche se il ritmo risulta un po’ rallentato rispetto ad altri spettacoli del duo (su tutti, Aria Precaria). Una carrellata di personaggi (anche) grotteschi permette di vedere l’essere umano da “tanti lati”. In scena si susseguono uomini bislacchi, devoti, scaltri, dubbiosi, saggi, irrisolti; soprattutto, esseri umani coi quali si finisce con empatizzare. E allora ridiamo pure del pio che in chiesa c’è capitato per caso, però, dato che c’è, un cero lo accende, sì, ma poi a chi?, chi sarebbe ‘sto santo qua? ma vuoi vedere che ci casca e un miliardino me lo fa trovare e smetto di preoccuparmi del lavoro? Uno così non è poi così difficile da avere accanto, seduto in platea, o steso nel letto di casa. I “latitanti” della commedia umana di Ale e Franz siamo irrimediabilmente noi, che ci trasciniamo dietro delle panciute borse di tic e fobie.
Lo spettacolo risulta una specchiata di salute, un colpo di autoironia che, a saperlo incassare, si comincia bene l’anno.

Maria Vittoria Solomita