
Le luci si spengono nei palchi in quel silenzio magico che precede gli accordi del diafano preludio di sedici violini, poi il sipario si alza sulla festa nello sfarzoso palazzo di Violetta. Danze, risate, balli, un ondeggiare di abiti, un tintinnio di bicchieri, coppie che si appartano nei salotti, “Libiam ne’ lieti calici che la bellezza infiora”, poi il languire della festa, gli ospiti semiaddormentati ai tavoli, Violetta incerta se cedere alle dolci lusinghe dell’amore o se continuare a “folleggiar di gioia in gioia”.
Bastano tre nomi – regia di Liliana Cavani, scene di Dante Ferretti, costumi di Gabriella Pescucci – perché questa Traviata al Teatro La Scala sia un tripudio anche per gli occhi. L’opera di Verdi che forse contiene il maggior numero di arie celeberrime, diretta dal coreano Myung-whun Chung con Marina Rebeka splendida nel ruolo di Violetta, è una magia assoluta.
Lo storico e sontuoso allestimento di Liliana Cavani del 1990 è tornato alla Scala per molte Stagioni – sei dal 1991 al 2002 con la Direzione di Riccardo Muti e poi ancora nel 2007, nel 2008 e nel 2017 – e solo La Traviata con la regia di Dmitri Tcherniakov che inaugurò la Stagione 2013/2014 spezzò la serie di repliche che prosegue da quasi trent’anni. Grandi interpreti hanno dato vita a Violetta Valery sul palcoscenico della Scala dagli Anni ’50 (Renata Tebaldi, Maria Callas, Mirella Freni, Anna Moffo) e oggi Marina Rebeka è una meravigliosa Violetta fragile e vibrante di passione, commovente e disperata nel suo accorato grido (“Alfredo Alfredo di questo core non puoi comprendere tutto l’amore”).

Questa è infatti la principale differenza tra La Signora delle Camelie di Dumas e La Traviata di Verdi: ciò che là era dramma sociale e denuncia della borghesia parigina, Verdi tramuta in dramma individuale e riveste di una musica struggente la sua frivola protagonista divenuta vittima che s’immola al sacrificio richiesto dal padre di Alfredo. Dopo la pubblica umiliazione (“or testimon vi chiamo che qui pagata io l’ho”), il preludio del terzo atto, uno dei momenti più alti mai raggiunti dalla Lirica, annuncia la tragedia e il quadro di Violetta morente nella sua camera mentre fuori impazza il Carnevale per le vie di Parigi. Il rosso sgargiante dell'abito che vestiva nella scena precedente è sostituito da una bianca camicia da notte che rivela il corpo sofferente. “Parigi, o caro, noi lasceremo, la vita uniti trascorreremo” è il duetto che li unisce nell’ultimo sogno e su Violetta che cade a terra morta cala il sipario.
L’Opera si replica il 5 e l’8 febbraio sempre con Marina Rebeka nel ruolo di Violetta, con Benjamin Bernheim nel ruolo di Alfredo (nella rappresentazione del 2 febbraio è stato interpretato dal tenore René Barbera) e Leo Nucci in quello di Germont, mentre il 12, 14 e 17 marzo saliranno sul palco Sonya Yoncheva, Francesco Meli (già interprete di Alfredo nelle repliche di gennaio) e Placido Domingo che farà il suo gran ritorno alla Scala interpretando Germont.
Foto: Brescia/Amisano