
Non c’è nulla come un luogo magico per dare un’atmosfera di fascino ad una serata già impregnata della magia della parola, della poesia, della musica, del teatro. Così, davanti allo specchio d’acqua dei Bagni Misteriosi (già il nome evoca suggestioni e incantesimi), la storica piscina di Milano che la sera si trasforma in arena estiva del Teatro Parenti, si è svolto il recital di Michele Placido in omaggio ai grandi classici, dove i brani recitati si sono alternati alle musiche del maestro Davide Cavuti, compositore e suo storico collaboratore al cinema, e alle note struggenti del Tango. Una magia scoccata grazie al coraggio del Teatro Franco Parenti di rialzare il sipario e al pubblico che ha dimostrato la sua voglia di tornare a teatro.

Così, dopo Locke in Sala Grande, dove uno straordinario Filippo Dini ha portato in scena, duettando con le sole voci al telefono, la vicenda già apprezzata sullo schermo con Tom Hardy senza nulla togliere al film di Steven Knight, anzi restituendone quel mix di dramma e ironia tipicamente inglese e l’intensità di quell’ora e mezzo di viaggio in auto di un uomo che fronteggia la scelta di cambiar corso alla proprio vita, ecco che un’altra, differente serata ha incantato gli spettatori, questa volta nello scenario all’aperto, con “Amor y Tango”, un’idea dei due protagonisti sulla scena, Michele Placido e Davide Cavuti, con regia dello stesso Placido .
Il ricordo commosso per Ennio Morricone, poi Placido si racconta, promette la sua presenza quando il Teatro milanese riprenderà la stagione invernale, esprime il desiderio di diventarne parte stabile. Fa ridere con Trilussa e fa piangere con Montale. Parla con le parole dei poeti, evoca ricordi di quando li studiavamo sui banchi di scuola, fa ascoltare il mormorio musicale della Pioggia nel Pineto, sentire la sensuale passione del Canto V dell’Inferno (“mi prese del costui piacer sì forte che come vedi ancor non m’abbandona”), immaginare i “sovrumani silenzi” dell’Infinito di Leopardi, assaporare lo straordinario monologo dell’Uomo dal Fiore in Bocca.
“Il sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto della vita ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati – scrive Pirandello - Questa che ora qua è una sciocchezza... questa che ora qua è una noja... a distanza di quattro, cinque, dieci anni, chi sa che sapore acquisterà... che gusto, queste lagrime...” E forse, riflette Placido, nel ricordo, negli anni acquisterà una strana forma anche questa serata estiva a bordo acqua, tra musica e poesia.