Robert e Patti

27/10/2021

Si chiamavano Robert e Patti, come Robert Mapplethorpe e Patti Smith, li avevano sfiorati, come loro inseguivano l’arte. Ma il successo non arriva per tutti. Robert è morto e Patti si ritrova a cantare cover della Patti famosa, ingaggi procurati da un agente che scrittura tristi copie di divi, davanti a un pubblico che non vuole ascoltare le sue poesie. Ma lei continua a sentirsi artista e vive nel ricordo degli Anni Settanta e dell’uomo che ha amato, in un loft newyorkese disordinato come per un perenne trasloco, ingombro di locandine, dischi e oggetti del passato affastellati, con una chitarra, un vecchio telefono e una pistola, in uno stabile destinato alla demolizione.
Francesco Frongia ha chiesto a Emanuele Aldrovandi di scrivere un testo “su misura” per Ida Marinelli e così è nato Robert e Patti, lettura scenica nel 2018 ed ora riproposto in versione compiuta al Teatro Elfo Puccini, Sala Fassbinder, fino al 14 novembre.

Lo spettacolo è un grande assolo di bravura della Marinelli, nei panni di una donna sola e testarda, abbattuta dalla vita ma che ancora vuol fare a modo suo e si è sempre rifiutata di barattare l’arte con la fama, anche se l’ha disperatamente desiderata. L’affiancano in scena Loris Fabiani, che strappa il sorriso interpretando con equilibrata ironia l’agente degli artisti falliti, fallito a sua volta, e Riccardo Buffonini nel duplice ruolo del proprietario di casa che richiama alla protagonista il suo perduto Robert e il Robert dei ricordi. Robert era gay, si prostituiva per il successo, eppure i due si amavano e di lui resta il vuoto, e scatoloni di cose che nessuno vorrà più. Lo spettacolo diviene così un viaggio tra presente e passato, la tormentata nostalgia degli Anni Settanta, quell’epoca in cui la musica era diversa (e la colonna sonora ce lo racconta) e che Patti si ostina a non abbandonare.

Gabriella Aguzzi