
Sognare fino agli ultimi istanti di vita. Questo ci raccontano Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Preyer e Francesco Niccolini che si sono buttati nella “donchisciottesca” impresa di portare in scena il colossale romanzo di Miguel de Cervantes. Ne nasce uno spettacolo, con la triplice regia degli stessi Aldorasi Boni e Preyer, mirabolante per luci e illusioni, ironico e poetico, dove ogni cosa ne trasfigura un’altra, un pozzo diventa l’ingresso al terreno fumigante del Cavaliere degli Specchi, le pecore briganti da sgominare e i mulini a vento sono giganti contro cui slanciarsi.
“Ci sono dei romanzi fondamentali, che hanno creato la cultura moderna, di cui tutti hanno sentito parlare pur non avendoli letti. Da Don Chisciotte abbiamo ricavato la drammaturgia disossandolo e la scelta delle avventure è stata difficile, ma è stata fatta tenendo a mente le tre parole chiave: ironia, visionarietà, poetica. Dosando tali tre elementi ci siamo addentrati pian piano in questa Mancha spaventosa scoprendo quanto era potente il dialogo tra questi due personaggi così diversi tra loro, un aristocratico e un contadino che non avrebbero nulla da spartire. Vogliamo tornare a quella fantasia di bambini e al coraggio di inseguire i nostri sogni” racconta Alessio Boni, che sulla scena è un Don Chisciotte invaso da una follia visionaria che lo fa precipitare nelle proprie illusioni. E sul contrasto giocano lui e Serra Yilmaz, strepitosa nei panni di Sancho Panza. Seguiamo il loro viaggio immaginando anche noi cose dietro le cose, mentre cavalcano fianco a fianco, l’uno che giganteggia nella sua armatura in sella a un Ronzinante (animato da Biagio Iacovelli), l’altra figura che gli trotterella al fianco, piccola sul suo mulo.

Lo aspettavamo da due anni questo Don Chisciotte, cancellato a inizio della pandemia ad una settimana dal suo arrivo al Teatro Manzoni. Lo abbiamo atteso a lungo e l’attesa è stata ripagata. “Non vedevo l’ora – dice Serra Yilmaz, vera carta vincente dello spettacolo – E’ importante nutrirsi di cultura e sostenerla. Era il mio sogno, e il sogno non finisce ma continua ogni volta che salgo sul palcoscenico.”
Ed è il sogno che lo spettacolo mette in scena, distorto dalla lente della follia. Con quadri tanto spogli quanto abbacinanti.
“La follia di Don Chisciotte non è una follia della percezione ma della volontà – spiegano i registi – Vede i giganti perché li vuole vedere, non è pazzo ma vuole esserlo. Giudica la realtà che lo circonda di poco conto e vuol vedere la trasfigurazione dei suoi ideali, scardinare la percezione della realtà che gli viene imposta”.
Il loro adattamento teatrale ce lo racconta, fino al bellissimo finale che svela il continuo rincorrersi di illusioni in un lungo delirio. Finale a sorpresa che tutto stravolge e che non vi riveliamo perché il Don Chisciotte, in scena al Manzoni, è tutto da godere.