
Si ride davvero tanto, in sala, assistendo a “Se devi dire una bugia dilla grossa”, in scena al Manzoni fino al 10 aprile. Si ride per tutti gli ingredienti classici del teatro comico, dosati alla perfezione: il gioco degli equivoci, il meccanismo a orologeria, i ritmi perfetti della messa in scena.
La commedia di Ray Cooney, che molto deve a L’albergo del libero scambio di Feydeau e alla Pochade in genere, racconta del doppio tentativo di tradimento in due stanze d’hotel attigue e del doppio tentativo di nasconderlo. Naturalmente le bugie si ingigantiscono fino a diventare paradossali, gli errori si fanno sempre più goffi, le situazioni si accavallano in modi sempre più assurdi, le porte sbattono in sincronia e i protagonisti fanno letteralmente le capriole in scena con un tempismo che lascia stupefatti.
L’idea di Gianluca Ramazzotti, presente anche come attore oltre che come produttore dello spettacolo (e a lui è affidato il ruolo più caotico e rocambolesco), e la regia di Luigi Russo riprendono la storica regia e lo stesso impianto scenico (il famoso girevole che trasforma di volta in volta le due camere da letto e la hall dell’hotel) di Pietro Garinei che rese celebre in Italia la pièce, per rendergli omaggio nel centenario della nascita. Altro fil rouge tra i tre allestimenti teatrali – il primo dell’86 con Dorelli e il secondo del 2000 con Jannuzzo – è la presenza sempre scintillante di Paola Quattrini che interpreta anche la terza edizione con immutata verve.
Solo qualche ritocco nei dialoghi per “attualizzare” la commedia dopo 30 anni. I riferimenti alla politica sono i primi ad invecchiare e sono la parte più debole. Ma la commedia va poi tutta in salita, in un crescendo di ilarità e carico di un’energia esilarante. L’ottimo quartetto di protagonisti è completato da Antonio Catania e da un’esuberante e variopinta Paola Barale.