
Aida è l’Opera maestosa per eccellenza, da sempre sposatasi a regie grandiose. E’ un’Opera trionfale, come la sua celeberrima marcia. E’ l’Opera scritta appositamente per essere rappresentata al Teatro dell’Opera del Cairo, pregna di rutilanti omaggi all’antico Egitto, l’Opera ideale per rappresentazioni all’aperto, in scenografie naturali ammalianti già di per sé. Mettere in scena Aida significa rendere omaggio al Melodramma stesso, in tutto il suo afflato. E questo doveva aver pensato Franco Zeffirelli quando nel ’63 diresse quell’allestimento scenico passato alla storia. Creò Templi, colonne, Sfingi, caricò lo spettacolo di ori e colori per una messinscena da lasciare senza respiro.
Aida è il simbolo stesso del Festival Lirico di Verona, l’opera più rappresentata all’interno di quella grandiosa scenografia che è l’Arena stessa, completamento di quell’Egitto magnificente che vediamo sul palcoscenico. Così quando sui primi accordi i cortei si dispongono lungo le gradinate all’ombra delle gigantesche Sfingi e le luci e lanterne li accompagnano, come nello stupendo finale le stelle lanterne fanno da corona, non più a imprese di gloria ma in lugubre corteo funebre, tanta bellezza e tanta magia mozzano il respiro.
11 repliche quest’anno per il 99° Opera Festival all’Arena di Verona, un Cartellone che ha visto alternarsi altri capolavori immancabili: Nabucco, La Traviata, Carmen, Turandot e, appunto, Aida nello storico allestimento di Franco Zeffirelli arricchito dai costumi di Anna Anni e dalle coreografie di Vladimir Vasiliev. Nella rappresentazione del 21 agosto a cui abbiamo assistito, diretta da Daniel Oren, le splendide voci di Maria Teresa Leva, Samuele Simoncini e Olesya Petrova hanno fatto vibrare tra gli spalti dell’Arena il dramma di Aida, Radamès e Amneris.

Se i primi due atti sono il trionfo dell’opulenza - e Verdi stesso ne esaltò la spettacolarità introducendo nella stesura danze e cori – raggiungendo l’apice con la Marcia Trionfale, nella seconda parte l’Opera affonda in colori lividi lasciando spazio agli accenti disperati dei protagonisti travolti da questo dramma fatale. Si pensi che Verdi, più che essere interessato all’ambientazione e agli effetti esotizzanti che potevano essere ricavati dalla vicenda della schiava etiope, preferì concentrare le proprie forze per ridare nuova linfa al melodramma italiano. Se dunque da una parte abbiamo una rigogliosità musicale che si abbina ad un apparato scenico abbagliante, dall’altra abbiamo i toni sommessi di un dramma amoroso che affonda le sue radici nella finezza dell’introspezione psicologica, esaltata nei molti appassionati duetti.
Aida è un’anima divisa in due, ferita dal suo stesso amore per il nemico, combattuta tra l’amore per la patria, il padre, la tradizione, e l’amore per Radamès. Così com’è combattuto Radamès, l’eroe, il vincitore che dall’esaltazione del secondo atto precipita alla condanna di traditore. Combattuto tra l’amore e la gloria e tra le due donne che ne contendono il cuore. Ed infine è combattuta la principessa Amneris che la cieca gelosia per Aida spinge a condannare a morte l’amato e il dolore alla vana supplica per la sua salvezza. L’intera opera vive di questa dualità, fino al finale su due piani, l’interno del Tempio, dove Aida e Radamès uniti nell’abbraccio mortale cantano il loro addio alla vita e l’esterno, davanti alla porta della grande piramide, con il canto funebre di Amneris.
Se il primo atto vanta la celeberrima aria “Celeste Aida” è dal terzo atto che la storia d’amore sfocia nella più pura tradizione del melodramma, accompagnata dai temi della gelosia e dell’ineluttabilità del destino. Spoglio ormai della folla che lo popolava, il palco, all’inizio del terzo atto, appare in una serale e velata luce azzurrognola per precipitare nel quarto in un’ombra ancora più cupa e luttuosa. E quella piramide che troneggia nella scena come simbolo di trionfo e potere diviene luogo di condanna e sepoltura degli amanti sconfitti dal destino.
Perché l’incanto di Aida sta tutto nell’alternare trionfalismo e intimità, momenti grandiosi ad altri sommessi, la storia di un amore immortale all’epica della vittoria. Storia di ascesa e caduta, di tradimento e ribellione, di amore contrastato e impossibile (Aida è schiava, figlia del Re nemico, e Radamès è il condottiero eroico che ne ha sconfitto l’esercito) i cui protagonisti sono dilaniati tra sentimenti opposti, di solitudine e gelosia. La musica di Verdi raggiunge vette eccelse e l’atto finale, con la tomba che si richiude sui due amanti mentre Amneris grida la sua inutile disperazione, è uno dei momenti più alti e spettacolari mai scritti per la Lirica.