Litigano, rimpiangono il passato, si rinfacciano torti ed errori. E’ un duello di parole quello di Alessandro e Maria, che si ritrovano a ricordare un amore sprecato, col sottofondo agrodolce delle cose perdute e con il rancore cattivo di chi vuole ferire e ferirsi, con le verità non dette o troppo dette, nascoste o inventate, con la rabbia di non poter tornare indietro e con la sola colpa di essere troppo diversi e pertanto non potersi amare. Tutto ciò è minuziosamente scandagliato da Giorgio Gaber e dall’inseparabile Sandro Luporini in questo “caso di Alessandro e Maria” che recita come sottotitolo “Curiosa replica di una storia che ha già avuto luogo” e che è il caso di tante coppie che hanno sostituito il rancore al sentimento. Una radiografia delle emozioni lucida e precisa che oscilla tra il dramma e lo humour sottile e che, come in tutti i testi di Gaber, cresce via via in amarezza. Se il “cantattore” era specializzato in monologhi (quanto ci manca la sua figura dinoccolata sola sulla scena nuda!) qui ci mette davanti ad un doppio monologo, perché l’apparente confronto serrato tra i due è in fondo uno scontro di totale incomunicabilità. Fu messo in scena una sola volta nel 1982, dallo stesso Gaber e da Mariangela Melato.
Ci voleva un’altra coppia forte per reggerne il paragone e sostenerne la tensione e questa è la nuova sfida di Luca Barbareschi, che sceglie come partner Chiara Noschese e duetta con lei a parole e musicalmente. Sì, perché lo spettacolo (un panorama di nuvole sullo sfondo che s’illumina svelando l’orchestra, il giardino dei ricordi sul lato, un pianoforte e nient’altro che le loro voci) si avvale anche delle musiche di Marco Zurzolo, che le esegue dal vivo con la sua band e che si adattano perfettamente alla parola gaberiana.
Così Barbareschi, dopo lo straordinario e struggente “Gattopardo”, si ripresenta in veste nuova e, attore/regista/cantante, omaggia l’amico Gaber riscoprendo questo testo raro che è un viaggio all’interno dei sentimenti. Anche Barbareschi li esplora cambiando il ritmo dal comico al doloroso con assoluta lievità, mattatore istrionico, magistrale come sempre, uomo apatico e chiuso davanti ad una donna troppo esuberante (la rabbia di Chiara Noschese gli fa da continuo contrappunto), e in alcuni momenti sembra che le battute siano pronunciate dallo stesso Gaber e dalla sua voce.
“Dopo il Gattopardo sentivo la pulsione di parlare del privato, di scandagliare la sfera dei sentimenti. Per questo ho scelto il testo di Gaber, una storia d’amore, interrotta ed eterna, furiosa e sublime”. Poetica, confidenziale, comica, spietata.
Al Teatro Manzoni di Milano fino 29 marzo, quindi a Verona, Torino, Firenze e altre tappe italiane
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