Tempi travagliati per Shakespeare e il suo povero "Otello": il cinema ci ha propinato "Iago", a teatro è arrivato questo "Desdemona e Otello sono morti". Un titolo che è presagio di quanto vorrebbero fare a un certo punto gli spettatori: ammazzare i due protagonisti. Che sono sempre soli in scena (all'interno di un cubo), raddoppiati da una telecamera che ripropone le loro immagini su uno schermo alle loro spalle (il quarto lato del cubo). La tecnologia dunque si insinua in una storia che è patrimonio di tutti e ha un valore al di là del tempo: come dire, oggi tutto potrebbe succedere di nuovo. Perché l'"Otello" di Shakespeare racconta la volontà di potere, l'invidia, l'insinuazione per distruggere l'altro che è diventato potente, l'irrisione nei confronti del diverso e, in parte, anche l'irrisione nei confronti dell'ignorante che non sa che anche Desdemona è un uomo, perché allora, quando è stato scritto, tutti i ruoli erano interpretati da attori uomini. Non è solo una storia di gelosia. Tutto questo in "Desdemona e Otello sono morti" è però assente: noi vediamo i due che fanno colazione, si vestono e svestono, si chiedono «Come stai», si danno del tu e del voi. Il dubbio che non di Desdemona e Otello si tratti è fugato dal continuo ripetere il nome di Cassio e parlare del fazzoletto. La possibilità di raccontare quello che in Shakespeare è taciuto rappresenta dunque una promessa non mantenuta: Iago è assente, ma anche Desdemona e Otello non sono veramente «presenti». E se il titolo fa pensare a "Rosencrantz e Guildestern sono morti" lo spettacolo lo fa subito dimenticare.
"Desdemona e Otello sono morti" di e con Roberto Latini e con Monica Piseddu (in prima assoluta) al Teatro i fino al 15 marzo.