Jude Law, splendido Amleto

08/08/2009

Se non avete ancora deciso per le vacanze il consiglio della Redazione di Quarto Potere è quello di correre subito a Londra e non lasciarsi sfuggire lo straordinario Amleto di Jude Law, in scena al Wyndham's Theatre fino al 22 agosto.
Due almeno le ragioni per  vederlo assolutamente (oltre al fatto che ci ritroviamo davanti al più bel testo teatrale di tutti i tempi): l’appassionata interpretazione di Jude Law e la stupefacente regia di Michael Grandage. Se non è una novità che, nei teatri inglesi, le regie dei testi shakespeariani combinino grandiosità e perfezione stilistica, seguendo ormai una secolare tradizione, non lo è neppure che affermati attori di Cinema ascoltino il richiamo delle scene del West End. Ma questo binomio in Hamlet si rivela un successo che andrà sicuramente ricordato negli anni.

L’interpretazione che Jude Law offre di Amleto sconvolge totalmente lo stereotipo del biondo principe di Danimarca dubbioso e malinconico. Il suo è un Amleto vitale, passionale, ribelle, paranoico, perfino ironico (come in effetti è dipinto, se rileggete il testo con attenzione), probabilmente già con un fondo di pazzia che, all’apparire dello spettro del padre, si tramuta in rabbiosa ossessione a cui sacrificare ogni altro sentimento e alla quale si sovrappone la finta follia di cui si maschera. Già Kenneth Branagh, nel suo monumentale Amleto cinematografico, lo aveva visto sotto questo profilo, ma lo aveva addirittura trasformato in un eroe atletico, mentre la fisicità di Jude Law, costantemente contorto su se stesso come se la rabbia che lo agita impedisse ai suoi muscoli di fermarsi, è inquieta e sofferta.

La regia di Michael Grandage (di cui si ricordano altre celebri messe in scena shakespeariane con Joseph Fiennes, Kenneth Branagh, Derek Jacobi, Judi Dench, nonché il successo del musical Guys an Dolls) e le suggestive scenografie di Christopher Oram sfumano la scena in un grigio costante, luttuoso, abbagliato ora dal rosso sfolgorante di un drappo, ora dal bianco allucinante dei commedianti che Amleto manovra a danno del Re (e questa scena di teatro nel teatro per provocare la reazione psicologica dell’assassino non cesserà di sorprendere per la geniale modernità di Shakespeare), ora dalle luci taglienti in cui si consuma la pazzia di Ofelia, vittima innocente di un intrigo che soffoca i suoi timidi sentimenti, ora dalla nevicata che cade gelida sul monologo del “To be or not to be”. E’ una regia insieme sobria e spettacolare, che spoglia Amleto di calzamaglia e gorgiere, senza lasciar trapelare la minima stonatura nella sua moderna interpretazione.

E se è fin troppo facile ripensare all’ immortale Amleto di Laurence Olivier , che Jude Law eguaglia perfino nella rara bellezza raggiungendo un’impressionante somiglianza fisica, questa messa in scena londinese si distingue appunto per una modernità che non ha nulla di forzatamente provocatorio, ma scaturisce con passionale naturalezza, quasi Shakespeare l’avesse scritto ieri.

Gabriella Aguzzi