Un’affabulazione tragicomica che solo dei “Fňóls” potevano mettere in scena

04/02/2010

Roma, 29 gen. 2010. Il titolo dello spettacolo è decisamente pregnante, “Impossibili”. Come la gestazione, durata dieci anni. Quasi “impossibili” alcuni ricorsi storici, eppure, a distanza di quindici anni, il testo ritorna attualissimo, e Masciopinto lo affida a giovani giullari, a Fòóls di ottime speranze (Premio “Nuove Sensibilità” al Teatro Festival Italia di Napoli).
Valeria Berdini, Giulia Nervi, Luigi Orfeo, Stefano Sartore, Martina Spalvieri e Jessica Ugatti sono stati tutti suoi allievi, molti diplomati all’Accademia Silvio D’Amico. Sviluppano un progetto sul coro e l’improvvisazione proposto dalla Masciopinto, «non uno spettacolo scritto a tavolino, ma col corpo e l’interazione tra due comiche (Rosa Masciopinto e Giovanna Mori, N.d.R.), sedimentato in quattro anni di tournée internazionale, tra cotillon e cabaret. Poi la ricerca coi Fòóls e l’adattamento polifonico. Sul palco c’è un coro, per cui gli attori devono imparare ad interagire fidandosi dell’altro, a lavorare con e per lui». Ecco un altro tratto quasi “impossibile”, la filantropia tra attori. Eppure i Fòóls gestiscono la Sala Pintor, creando uno spazio ad hoc per sé e per altri artisti che vogliano esibirsi. «Il nostro è un teatro autoprodotto, fuori circuito, e noi restiamo degli utopici. Il maggior sogno dei ragazzi è proprio la cura di questo caffè-teatro in cui accogliere altri spettacoli,concerti e mostre. Ospitarsi a vicenda consente di creare quelle reti difficili da sviluppare per teatranti off come noi» continua a spiegarmi la regista. Si vuole e si deve, quindi, liberare l’arte dalla commercializzazione forzata. E i Fòóls lo fanno anche ricorrendo ad uno stile poco commerciale, sospeso tra recitazione, musical, commedia ed improvvisazione. “Impossibili” da seguire, allora, in un vortice di nessi logici, sincronie, destrutturazioni, onomatopee e sovrapposizioni: per poter entrare nello spettacolo e seguire parole frantumate o espanse, bisogna abbandonarsi completamente al jazz  lemmico, come fosse un concerto. «Dietro questo spettacolo c’è uno studio molto attento della tradizione musicale italiana, da Monteverdi, ai canti anarchici, da Casadei, a Murolo e Celentano. Di moderno ha lo stile sincopato e la tecnica, il racconto per schegge, ma il materiale collante è decisamente tradizionale» precisa Masciopinto. Non a caso i sei giullari sono stati preparati da un Maestro di coro, Lee Colbert, musicista e vocalist argentina, collaboratrice della Stage Orchestra di Moni Ovadia.
Sei fustigatori che in fondo sono un Lui e una Lei. Impossibile? Due italiani in cerca di una direzione, persi in una notte metropolitana, popolata da realistici italiani persi. E allora meglio ricorrere alla filosofia del gregge: Lui e Lei si mischiano a personaggi e mondi di quotidiana mostruosità, deformati dalla lente del paradosso, ma tragicamente veri, «una galleria di personaggi archetipici, che però trovi per strada, alla fermata degli autobus o a scuola. La signora Maria che parla solo per “noccioline e patatine” è un mondo». Così, dialetti, mafia, mondiali di calcio, apparizioni mariane e slogan politici si alternano in grottesche pose di incomunicabilità, come in palpitanti tele Grosz, in scala 1:1.
Lui e Lei vogliono poter seguire una rotta, una buona stella che li guidi oltre la perdita, declinata in senso politico, fisico, calcistico e neurologico. Provano con la “Fuga dalla geografia” di Ernst Toch «una canzone ritmica che invita a viaggiare, ad interagire con altre culture, ma per tornare arricchiti in Italia e fare sempre meglio.». Una sfida da “Impossibili”, ma dallo spettacolo si esce tutti irrimediabilmente portatori sani di utopie.


Sala Pintor – via dello Scalo di San Lorenzo, 67
Tel. 06. 45448035/347.6878045 - ifools@yahoo.it  -  salapintor.altervista.org
In scena dal 28 al 31 gennaio e in replica il 5 e 6 febbraio, 5 e 6 marzo, 2 e 3 aprile, 7 e 8 maggio.

Maria Vittoria Solomita