Turturro rilegge Calvino

12/02/2010

Italo Calvino aveva riscritto le fiabe della tradizione popolare, ora John Turturro, innamorato della cultura italiana, le regala al Teatro, mescolandole in un unico racconto che ha voci e accenti diversi. La scelta dell’attore culto dei fratelli Coen è caduta su “Fiabe Italiane” perché, racconta, sono il primo regalo ricevuto dalla moglie e da lì è nata la scintilla. Ad esse mescola ancora altre fiabe di Giambattista Basile e lo sfondo che tutte le collega è un arcaico scenario popolare dove s’intrecciano canzoni, tramonti, onde del mare, miserie e magie.
Nasce così “Italian Folktales” in scena a Milano al Piccolo Teatro Strehler.
“Lavorare in Italia è come tornare a casa, in un Paese che è al contempo accogliente e misterioso” dice Turturro. E aggiunge “L’Italia è un piccolo Continente da scoprire. Sto ancora imparando, ma mi piace vedere cose diverse dalle solite che colpiscono il turista, come il vostro grande senso dell’ironia. Gli autori tradotti bene negli Stati Uniti sono pochi. Ma io faccio questo lavoro di riscoperta soprattutto per gioia, perché mi stimola molto. Ho lavorato con Rosi e a progetti che mi hanno aperto gli occhi. Purtroppo negli Stati Uniti si lavora per stereotipi e io sono stato a lungo legato ad un genere e ho lottato per liberarmene”.
Regista dello spettacolo, Turturro ne è anche interprete affiancato sulla scena da attori americani e italiani (nel cast figurano anche la moglie, la cugina e il figlio di Turturro), alternando i linguaggi inglese, italiano e dialetto siciliano. “Non è importante per me l’età o la lingua dell’attore con cui reciti, ma la sua bravura e il supporto tecnico”.
A luci ancora accese in sala dei menestrelli iniziano a trasferire il pubblico nel mondo popolare, fatato e feroce, delle favole di Calvino. Inizia così la sfida di Turturro di raccontarlo per il Teatro, una sfida che prima di lui aveva tentato Fellini, per un progetto mai realizzato. “Trovo irresistibili la sfida e la bellezza delle fiabe  - dice ancora Turturro – Il loro è un afflato universale che trascende tempo e luogo”.

Gabriella Aguzzi