Sono italiani, insieme da pochi anni: lei è romagnola, loro sono due fratelli romani. Si dividono ruoli e idee, Vera Michela Suprani, Claudio e Alessandro Oliva. Formazione teatrale e cinematografica, ma soprattutto dimestichezza coi nuovi media, tanto da riuscire a trovare online lo spazio espositivo tanto cercato in Italia. “Feminea” è approdato così a New York, attraverso l’account facebook del Theaterlab: potenza del social networking. Il trio “Teatro Deluxe” ha presentato il progetto ad Orietta Crispino e Carlo Altomare, che ne hanno appoggiato lo sperimentalismo, mettendo a disposizione uno degli studi di Manhattan. I tre, dal canto loro, hanno trovato tanto stimolante l’ambiente zen del Theaterlab, da ridefinire la performance proprio per la tre giorni newyorkese. Risultato? Un dittico multimediale «Abbiamo unito un video preesistente, “Feminea I – Animazione”, un esperimento del 2009 che indaga il tema del nudo attraverso fotografia, video e musica, con della musica ed una performance, invece, pensati esclusivamente per questo spazio» ci ha detto il regista e autore Claudio Oliva.
Una sala bianca, che richiama la dimensione asettica di un ospedale, ripropone un sofferto onirismo di quaranta minuti. Lo spettatore è catapultato in un limbo in cui tutto è sfocato e anche la definizione di genere vacilla. Una zona d’ombra in cui la donna, la Feminea del titolo, è ripresa sullo schermo, in piedi, seminuda, color carne, così come viene vista per terra, accovacciata, vestita di bianco. Quella sul palco è una bimba che dorme (Vera Michela Soprani), cullata dalle note metalliche di un sincopato Morfeo (Alessandro Oliva) in jeans e felpa, rigorosamente bianchi. La bimba si sveglia e si stiracchia – con piagnucolii troppo dilungati - e finalmente gattona verso il pubblico, indossando una maschera di maschio. Ora, in uno spettacolo che sembra l’apoteosi dei rimandi iconici alla figura femminile, nel suo aspetto più materno e forse sessista, per i continui flash di ciucci, bavette e pancioni, vedere una bimba col volto di un uomo fa riflettere. Quantomeno sul senso dello spettacolo. «Tutto è partito da questo accostamento estraniante» ci ha rivelato la coautrice e attrice, Vera Michel Suprani, e il compagno di scena e retroscena, Claudio Oliva, ha aggiunto «Volevamo studiare l’inizio della vita al di là delle limitazioni di genere. Il messaggio è il più possibile universale, perché basato sull’analisi dei gesti inconsapevoli». E i gesti ci sono stati, lenti, sinuosi, ridondanti, sia proiettati sui pannelli della scenografia, che performati dalla bimba. Una bimba che, chissà, in stato catatonico non poteva distinguere tra maschio e femmina, ma ripresa vita, ha potuto assumere anche movenze sensuali. Freud ne sarebbe stato fiero, convinto assertore della sessualità infantile.
Noi invece siamo fieri di Pigmalioni sparsi per il globo, come Crispino e Altomare qui a New York. Considerando i gravi tagli che stanno indebolendo la produzione culturale italiana, il modo di fare e promuovere arte cambierà. Probabilmente l’America farà scuola.
Feminea – WHITE FRAME
JULY 8.9.10 8PM @Theaterlab, New York, Usa.
137 W 14th Street (between 6th and 7th Aves.) Manhattan, NYC.
Pubblicato su Oggi7, 11 luglio 2010