“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita” Dante, Inferno, Canto I. Sostanzialmente l’italiano. O, meglio, quello che per molti sarebbe l’idioma attualmente in uso in Italia. Errore destinato a perdurare, considerando che anche il best-seller “Eat, pray, love”, firmato dalla newyorkese Elizabeth Gilbert e a breve sugli schermi cinematografici, ci vuole fluenti divulgatori del “dolce stil novo dantesco” (pgg.45-46).
Ora, chi ha dovuto/voluto studiare linguistica o letteratura, chi ha frequentato qualche corso di italiano, o chi ha semplicemente seguito i Mondiali di calcio (ahinoi, durati poco) capirà facilmente che i commenti sfuggiti alla copertura della vuvuzela non erano esattamente in terza rima, né vantavano metafore e simbolismi danteschi. Tralasciamo una sequela di studi filologici che vede in Dante l’inizio della spinosa questione linguistica, skippiamo pure l’abissale differenza tra prosa e poesia (che evidentemente sfugge a Gilbert) e arriviamo al Lincoln Center. Perché? Perché a New York, lunedì 12, si è parlato italiano, quello con cui Manzoni ha scritto i “I promessi sposi”. L’Autore di Renzo e Lucia capiva l’importanza della corrispondenza fra lingua scritta e parlata, in un momento storico in cui si stava facendo l’Italia, ma mancavano gli italiani (cfr. Massimo D’Azeglio). Insomma, per scriverla come la dico, Manzoni scriveva come parlava, con accento milanese. E al Lincoln la presenza milanese si è mantenuta, con l’Assessore alla Cultura del capoluogo lombardo. Un assessore versatile, sospeso tra filosofia e poesia, spalmato su drammaturgia e musica: negli anni ha alternato “Lo specchio di Borges”, con musiche di Astor Piazzolla, al progetto teologico “A passo d’uomo”, in collaborazione con Mons. Luigi Manganini, passando per “L'orecchio di Beethoven”. E in un’ottica di continua promozione del territorio e della cultura italiana, lo scorso anno Finazzer ha promosso la Milano futurista in tutto il mondo, da Tel Aviv a New York.
In America, ora, ci è ritornato, per un’anticipazione dell’Expo lombarda del 2015. All’interno della cornice “Convivio delle Eccellenze milanesi”, organizzato dall’Istituto di Cultura Italiana, Finazzer ha presentato un reading del capolavoro manzoniano, una selezione accompagnata dalla perfomance di Caterina Demetz. Enfant prodige classe ‘89, Caterina ha iniziato il Conservatorio a quattro anni, a cinque ha tenuto il primo concerto di violino e a sei è stata insignita del primo riconoscimento internazionale, il “Jugend musiziert”. Per il pubblico newyorkese, comunque, ha preferito Bach, Beethoven, Prokofiev e Schubert ad altri rappresentanti italiani.
Chiari a tutti i tratti salienti del romanzo ottocentesco: narratore onnisciente, struttura cronologica chiusa, ambientazione storica, patriottismo, epidemie e Divina Provvidenza. Peccato per il pubblico sparuto, ma “I promessi sposi”, si sa, non hanno mai avuto vita facile. Forse per questo, in Italia, Michele Guardì ha pensato di farne un musical – che sta riscuotendo notevole interesse. E noi, nella città del musical, abbiamo virato verso la lettura.
Pubblicato su “Oggi 7” il 18.07.2010