E’ inarrestabile Fabio Volo all’incontro stampa per la presentazione di “Figli delle Stelle”: un fuoco di fila di battute a ruota libera. Sullo schermo, per contrasto, appare misurato e malinconico, forse l’elemento del gruppo, questo folle gruppo di disadattati fuori tempo, più ripiegato su se stesso. E’ una delle scommesse del film di Lucio Pellegrini, dove tutto è insolito e fuori dagli schemi. A partire dallo spunto drammatico che poi si risolve in una stralunata commedia in cui sono accomunati personaggi diversi tra loro, improbabilmente riuniti, e fa leva proprio sulla loro inattesa sintonia. Tanto che, sarà per il tema del rapimento (con errore), vien da pensare subito ai Coen. “Amo molto i film dei Coen per lo straordinario equilibrio tra dramma e commedia e, da spettatore, li conosco a memoria” dice il regista.
Ma anche sul set si è risentito di questo clima un po’ folle che lega i personaggi e ha creato una sintonia tra gli attori? “Sì, folle è proprio la parola giusta – risponde Pierfrancesco Favino che sembrava non vedere l’ora di cogliere l’occasione per dare sfogo sullo schermo al suo miglior talento comico – Sono stato veramente contento di fare qualcosa che non è usuale, non è all’interno di schemi prestabiliti. Una commedia incentrata su temi seri che non ha paura di reinventare le dinamiche narrative. E, come si diceva dei Coen, siamo sempre contenti, sia come attori che come pubblico, quando troviamo qualcosa che fa saltare questi schemi e che non sia classicamente riconoscibile”.
E gli attori sono il punto di forza di questa commedia vivace, a tratti esilarante, sottilmente cattiva, con un retrogusto amaro e mai prevedibile. Da uno straordinario Giuseppe Battiston che interpreta il sessantottino mancato, a Paolo Sassanelli, il personaggio forse più enigmatico. Con Favino, Fabio Volo, Claudia Pandolfi e Giorgio Tirabassi, il regista mette insieme, in modo quasi casuale, il meglio della commedia italiana di oggi. “Sono personaggi di sognatori un po’ perdenti, che non hanno vissuto gli anni Settanta e si figurano di poterlo fare ora – prosegue Pellegrini – Sono dei trentacinquenni che non hanno trovato il loro posto del mondo, ma hanno provenienze diverse, per questo mi è piaciuto mettere insieme un cast eterogeneo e trovare un amalgama, col piacere di guardare cosa ne sarebbe uscito. Tra questi Ramon, il personaggio interpretato da Sassanelli, è un po’ un alieno e mi piaceva non costruirgli addosso un passato vero e proprio, dargli quel tono un po’ noir di chi vuole saldare i conti col passato ma è già consapevole che tutto andrà male ed è adombrato da un destino ineluttabile. Così come ho voluto, nella scena finale, costruire un incontro a posteriori senza dare una risposta, una scena che inizia brillante e che rimane in sospeso, creando una sintonia strana eppure lasciando poco da dire”.
Finale che noi abbiamo particolarmente apprezzato, per quella nota di malinconia appena accennata in chiusura a un film in cui si ride di gusto, e che ci lascia il piacere di sorprenderci. “E’ un delirio di personaggi sbandati – sottolinea ancora Favino – E si ride di persone sradicate come generazione, che rimpiangono un’epoca che non hanno vissuto e che compiono un gesto che non sono in grado di fare”. Nostalgici come quando ascoltano i dischi in vinile e danzano sulle note di “Figli delle stelle”.