Gerardo Amato racconta

29/01/2011

Colpisce subito per la somiglianza con Michele Placido, tanto che ad uno spettatore distratto verrebbe da credere che ad interpretare il padre di Vallanzasca sia lo stesso regista del film sul bandito della Comasina. Invece non è Michele Placido, ma suo fratello, Gerardo Amato, che mi racconta la sintonia di lavorare tra fratelli. “Forse conosco più Michele che me stesso, ci assomigliamo, e a volte quando lo vedo recitare mi sembra di vedermi”. Ride e prosegue, e le sue sono parole di ammirazione “Si è fatto da solo venendo da una famiglia numerosa e ha sempre affrontato questo lavoro con onestà e impegno.” Non è la prima volta che i due lavorano insieme “Abbiamo lavorato a teatro in L’Uomo dal fiore in bocca e, 25 anni fa, nello spettacolo su Guido Gozzano Le Rose che non colsi, con la regia di Carlo Rivolta, la ragione che mi ha portato a Lodi”.
Ha scelto Lodi infatti come sua residenza Gerardo Amato e ne parla con affetto come della “sua” città. Ed è a Lodi che sono state girate alcune sequenze del film “Vallanzasca”, con i concitati inseguimenti a seguito delle rapine. “L’idea di girare a Lodi è partita da me e anche a Michele piace questa cittadina per cui è stato scelto di ricostruire qui le strade di una Milano che non c’è più, piena com’è di segnali stradali, dove ogni angolo è toccato da qualcosa di moderno. E quei due giorni di sequenze in esterni sono stati anche divertenti per tutte le comparse impegnate nel film. Nei miei sogni c’è vedere Lodi come una città del Cinema e del Teatro. Abbiamo città bellissime, straordinarie, con le sfumature giuste per ambientare i film, l’Italia stessa può essere considerata un grande studio cinematografico a cielo aperto. Ci sono molti esempi di registi americani che sono venuti a girare da noi, e non solo nelle grandi città. Ma dovremmo attrezzarci di più per sviluppare la cinematografia, dando lavoro a molti tecnici. Invece studios e location rimangono a Roma, e non parlo solo di Cinecittà, tanto che anche per ‘Vallanzasca’ abbiamo dovuto girare a Roma alcune scene in interni”.
Siamo in un bar del centro, Gerardo Amato è appena rientrato da Salisburgo dove ha portato uno spettacolo intitolato “Le Colonne d’Ercole”. “E’ un progetto realizzato in collaborazione con l’Università di Salisburgo, e in lingua italiana. Al suo centro c’è l’Odissea, partendo da Omero attraverso Dante, per arrivare a Primo Levi che recita il XXVI Canto della Divina Commedia ad Auschwitz, vedendo Auschwitz come una metafora dell’Inferno”.

Il film di Michele Placido sta uscendo nelle sale e i ricordi e le impressioni del set sono ancora recenti. “Come vi siete avvicinati a personaggi che vengono dalla vita reale?” “La storia della Milano di quegli anni potrebbe essere raccontata a puntate, perché erano tanti i giovani che trasgredivano e si buttavano ad atti criminosi. Vallanzasca è un uomo che dichiara la propria colpevolezza e sta espiando le sue colpe e la speranza è che i giovani non diventino dei nuovi Vallanzasca. Il film racconta con obiettività i fatti avvenuti allora chiedendosi: perché ha scelto quella strada? Il padre che io interpreto è il primo ad essere sbalordito da un figlio così. E’ un uomo comune, che continua a vivere della propria pensione, tanto che viene picchiato dagli stessi componenti della banda perché pensano che nasconda il bottino. Nonostante tutto l’affetto per il figlio rimane, e anche il figlio lo ricambia, prendendosela con i suoi stessi ‘colleghi di lavoro’ per difenderlo.” “L’augurio che vi fate?” “Che il film possa piacere con un argomento scottante e muovere alle giuste riflessioni”

Gabriella Aguzzi