Baccini: il concerto che Tenco avrebbe voluto

01/06/2011

Dove nasce la curiosità di Francesco Baccini di riscoprire un lato inedito, o poco conosciuto, di Luigi Tenco e di portarlo nei Teatri? Come inizia la passione per questo cantautore struggente e, allo stesso tempo, innovativo? Il cantante genovese, che gli amici chiamavano “Luigi” per la coincidenza di una somiglianza fisica, lo fa rivivere in un tour emozionante in cui alterna i brani più commoventi ad autentiche sorprese (e stupisce che fossero passati inosservati o forse troppo avanti coi tempi per essere capiti) dopo una scrupolosa ricerca d’archivio e, ricalcandone la voce con un effetto da brivido, li reinterpreta, li riveste e li rinnova.
Abbiamo parlato di tutto ciò la sera del concerto milanese al Teatro Smeraldo, una tappa del tour attesissima che ha regalato al contempo divertimento e lacrime, da “Ognuno è libero” in versione rock ai passaggi al pianoforte di “Vedrai vedrai”, “Mi sono innamorato di te” e “Un giorno dopo l’altro”.
“Quali sono le tue prime emozioni e i tuoi primi ricordi legati alla figura di Luigi Tenco?” gli chiedo al termine del sound check.
“Ho scoperto Tenco perché me l’ha fatto scoprire mio cugino più grande. Avevo 13 anni, mi ero rotto una gamba e potevo solo restare a letto, all’epoca non c’erano play station e avevo un giradischi sul letto su cui mettevo dischi tutto il giorno. Così mio cugino mi ha portato i dischi di due signori che non conoscevo, perché ascoltavo solo musica classica, e questi due signori si chiamavano uno De André e l’altro Tenco. E da lì ho cominciato a scoprire che le canzoni non erano solo quelle di Gianni Morandi e Claudio Villa, che erano quelle che sentivi a Canzonissima, ma c’erano delle canzoni di qualcuno che raccontava delle storie con un testo che a volte era quasi più importante della musica e da lì mi sono appassionato sia di Tenco che di De André, che sono due facce della stessa medaglia. Tenco era più Brel e De André più Brassens, perché De André cantava in terza persona, raccontava storie di altri, mentre Tenco raccontava in prima persona e quindi c’era più pathos. A me piaceva di più Tenco, perché lo sentivo più viscerale e infatti anni dopo quando ho cominciato a scrivere canzoni, anche senza volerlo perché certe cose ti entrano in circolo, mi sono ispirato a Tenco per le mie canzoni più intimiste come Ho voglia di innamorarmi. Il mio filone intimista arriva da Tenco, perché è stato il primo che ho ascoltato e che mi è piaciuto, mi è piaciuto come parlava dell’amore, perché in quegli anni giravano solo canzonette d’amore e lui invece trattava quell’argomento in un altro modo”.
“E quando hai scoperto quell’aspetto di Tenco più ironico che mostri nel tuo spettacolo?”
“L’ho scoperto dopo, anche perché non lo trovavi sui dischi, conoscevo appena La Ballata dell’amore. A poco a poco ho scoperto poi questa vena ironica e sociale, una vena che non è mai venuta fuori perché la maggior parte della gente conosce quella più triste, e probabilmente anche la sua fine ha contribuito a questa immagine. E’ come se io, per motivi miei, decidessi di farla finita e facessero ascoltare solo Ho voglia di innamorarmi: la gente direbbe ‘Baccini era un depressso’. Ma Tenco non era un depresso, era uno che voleva cambiare il mondo, era un idealista, un utopista, e quindi sentire oggi queste canzoni ti fa dire: come è possibile che questa canzone sia passata così? Purtroppo la gente conosce solo quello che ti fanno sentire, certe cose si perdono con gli anni. Così abbiamo fatto il lavoro di andare a rispolverare tutta una parte del repertorio di Tenco e cerchiamo di dare un’idea di quello che Tenco era, a 360 gradi.”
“Come è nata quest’idea?
“E’ partita per gioco quest’estate e piano piano è diventata reale. Anche perché ho avuto la fortuna di trovare i componenti della squadra, come Armando Corsi che vidi una sera per caso a Genova e con cui non avevo mai collaborato, e Pepi Moggia che ha curato la regia delle luci”.
“Come ha risposto il pubblico? C’erano più nostalgici o più curiosi di scoprire Tenco?”
“Metà e metà. Quelli nostalgici all’inizio venivano un po’ titubanti, perché ci sono anche gli integralisti e devi stare attento quando tocchi certi personaggi. Invece poi ai primi che l’hanno visto è piaciuto e la voce si è diffusa. Sono venuti anche dei signori ultrasettantenni dicendo ‘questa sera Tenco non mi è mancato, l’ho visto sul palco, l’ho ascoltato’ e questa sicuramente è una bella soddisfazione. Anche la famiglia Tenco ha mandato addirittura un’Ansa ringraziando proprio perché cerchiamo di far conoscere Luigi nella sua interezza, parliamo di Luigi da vivo, e non della sua morte. Si parla sempre di quel 27 gennaio del 67 che è stato un fatto drammatico, misterioso, ed è ancora avvolto nel mistero. Ma io non sono Lucarelli, e per me un artista è quello che ci ha lasciato. Così ho voluto fare questo lavoro di ricomporre, di immaginare quello che Tenco avrebbe messo in un suo concerto, poiché non ne ha mai fatti, mentre De André e Paoli li abbiamo visti in concerto negli anni. Ma Tenco nessuno lo ha mai visto, anche perché non esistevano ancora i concerti dei cantautori e così ho cercato di immaginare quello che Tenco avrebbe scelto, e penso che non avrebbe cantato solo Vedrai vedrai, ma anche La Ballata della Moda”.
Tra i momenti più emozionanti, la versione inedita di Ciao amore ciao, prima che la censura obbligasse Tenco a cambiarne le parole per presentarla a Sanremo, e che aveva come titolo “Li vidi tornare”. Al coro si unisce, ospite a sorpresa per la serata allo Smeraldo, Alberto Fortis (con il quale Baccini duetta poi nei bis con La sedia di lillà) che esegue, a confronto, la versione che tutti abbiamo conosciuto. E lo splendido finale con “Preghiera in gennaio”  che De André scrisse per Luigi Tenco.

La Recensione dello Spettacolo

Gabriella Aguzzi