Bello il titolo del nuovo film di Verdone, bello sia musicalmente che per il suo significato: i poveracci di cui ci racconta, un tempo professionisti di successo ed ora, in questo presente di disagi, costretti ad arrabattarsi come possono, quando sarà il loro turno di andare in Paradiso probabilmente anche lì troveranno solo posti in piedi...
“Il titolo mi è stato suggerito da una cassiera – dice ridendo Carlo Verdone – Era da un po’ che stavo girando intorno alla parola Paradiso, dove queste anime avrebbero potuto trovare un po’ di pace, quand’ecco che, in fila alla biglietteria del cinema, sento gridare dalla cassiera, forse per una vecchia abitudine: solo posti in piedi! E così è arrivata l’idea”.
La piega malinconica presa da Verdone è sempre più marcata. E se l’amarezza già serpeggiava sotto la comicità dei vecchi film ora prende il sopravvento. “Ce lo hanno insegnato i vari Monicelli e Germi: la commedia può dare il meglio di sé davanti a temi ostici e forti e ha saputo raccontare la tragedia meglio di molti film drammatici. Avevo la necessità di parlare del momento di grande disagio che sta attraversando tutto il mondo occidentale e di personaggi legati a questo momento di fragilità. Sapevo anche che era difficile coniugare la risata ad un tema forte e spero di essere riuscito a mantenere un equilibrio molto complicato. Ma c’è un tempo anche per guardarsi allo specchio e vedere che la propria maschera cambia. Ho messo una pietra sopra alle vecchie macchiette e ho scelto di fare piccole cose, giocare di fioretto, lasciare la comicità negli sguardi, e interpretare un personaggio sempre più depresso, nostalgico. Sono passato dalla chitarra elettrica alla chitarra acustica.”
Allo stesso modo Verdone vira sempre più verso la commedia corale (“Compagni di scuola” resta a tutt’oggi, a nostro parere il suo film più compiuto) e qui è brillantemente affiancato da due assi come Pierfrancesco Favino e Marco Giallini, che completano il terzetto di disperati e ai quali si aggiunge un'altrettanto disastrata Micaela Ramazzotti. “Mi piace impostare i film in maniera corale e ho la voglia di essere sempre più regista e coinvolgermi insieme ad altri attori, soprattutto per assorbire energia dai più giovani. Non ho più l’ansia da prestazione, è il momento di mandare avanti loro. E amo l’affresco corale”.
Peccato solo che verso il finale “Posti in piedi in Paradiso” subisca un calo di ritmi, scostandosi sia da quei film dove comicità e amarezza erano abilmente intrecciati sia da quelle chiuse dolcemente malinconiche come “Sono pazzo di Iris Blond”, per citare un titolo. Alla fine il meglio lo raggiunge ancora nelle sequenze più esilaranti, ma quella irresistibile della rapina sul luogo sbagliato. Un altro omaggio al grande Monicelli?