Stallone infiamma il Festival di Roma

16/11/2012

“Sono a Roma, dove c’è Cinecittà, che è una delle più grandi istituzioni di tutti i tempi, un vero museo. Spero che il governo italiano aiuti questo luogo a sopravvivere e a tornare al suo splendore”. Così esordisce Sylvester Stallone, una delle poche grandi star di un festival che, tra assenze sul red carpet di ospiti troppo presto annunciati, prezzi destinati a scoraggiare il pubblico, orari mal distribuiti e molta noia, si è rivelato lontano dai fasti delle prime edizioni. Tuttavia il Festival Internazionale del Film di Roma ha avuto il suo giorno di splendore, grazie a un grande protagonista di Hollywood e a un maestro del Cinema, Walter Hill: insieme Hill e Stallone hanno portato uno di quei solidi action movie vecchia maniera, che sanno avvincere e divertire. Non a caso Bullet to the head è anche una delle pellicole migliori presentate al festival, a completare il successo della giornata.
Una giornata preceduta dalla visita di Stallone alla città, dove è stato acclamato anche dal pubblico delle borgate nel suo incontro al Teatro di Tor Bella Monaca, a confermare che la favola di Rocky sempre lo accompagna. “Sono cresciuto in un ambiente come questo, so cosa prova questa gente e ritengo una buona idea andare a parlare con loro –racconta il giorno seguente alla stampa – Nella vita sono passato da un ambiente terribile a uno splendido e questo significa che ognuno può avere successo. Anche se la cosa più importante che Hollywood mi ha insegnato è che devi dipendere solo da te stesso”. Un successo legato soprattutto a due personaggi, Rocky e Rambo. “Ho combinato in me l’ottimismo di Rocky e un personaggio dark come Rambo, proprio come Bullet to the Head mette insieme due personaggi diversissimi tra loro. Se ci sarà un ritorno di Rambo? Io lo vedo come un uomo che non può tornare a casa perché non ha casa”.

Fisico ancora atletico, battuta sempre pronta, Stallone con Bullet to the Head ha trovato il ruolo giusto anche per questo tempo. E’ un anziano sicario che suo malgrado si trova a collaborare con un giovane poliziotto, perché hanno in comune gli stessi nemici e lo stesso obiettivo. Quello di Jimmy Bobo è la vendetta, quello del suo partner per caso è la giustizia, ma anche se non si sono mai viste persone più diverse si trovano a darsi una mano l’un l’altro. La situazione anomala si regge su un dialogo brillante che con un buon dosaggio di ironia ritma e stempera la tensione delle scene d’azione e l’intensità conflittuale di due nemici che sono costretti a stare insieme e perfino a salvarsi la pelle reciprocamente. Come racconta lo sceneggiatore Alessandro Camon, padovano trapiantato a Hollywood “Il film adatta un graphic novel francese ambientato a New Orleans, ma cambia molto la storia e Stallone e Walter Hill hanno messo molto del loro lavoro nei dialoghi. Mi sono ispirato soprattutto a film come 48 Ore e a tutto quel filone dei buddy movie la cui formula nel tempo si era deteriorata. I due personaggi sono ai lati opposti della Legge, ma hanno le stesse motivazioni e quindi c’è tensione. Questo conflitto, che funzionava così bene in 48 Ore, è stato la molla principale”.
“E’ una specie di omaggio a un certo tipo di action movie che conservano un loro fascino” sottolinea Walter Hill. “C’è tensione nei dialoghi perché i due personaggi si odiano ma devono stare insieme e così, da questo conflitto personale, nasce l’ironia” aggiunge Stallone.
Sung Kang interpreta il detective, mentre a lottare contro Stallone troviamo il “nuovo Conan” Jason Momoa, nel ruolo di un killer spietato. Ma anche negli scontri fisici il vecchio Sly si difende egregiamente “Jason Momoa è un uomo possente, alto quasi due metri, si muove come una pantera, sembra danzare. E’ stato bellissimo lottare con lui!”

Gabriella Aguzzi