
Venticinque anni fa nasceva un capolavoro indimenticabile: Full Metal Jacket. Lo interpretava un ragazzo, Matthew Modine, che ci aveva folgorati con la sua nevrotica sensibilità in Birdy di Alan Parker. Quel ragazzo catturò i momenti più intensi del set in una serie di fotografie che ne documentano la lavorazione. La mostra fotografica, col titolo Full Metal Jacket Diary Redux, è stata presentata allo scorso Festival Internazionale del Film di Roma per celebrare i 25 anni del grandioso film di Stanley Kubrick, così come l’ha celebrato il curioso e provocatorio documentario di Emiliano Montanari “Full Metal Joker” dedicato al Soldato Joker Matthew Modine (sempre presentato a Roma) e come lo celebra il libro dell’attore, Full Metal Jacket Diary, edito in Italia da More Mondadori ed ora anche applicazione per iPad.
Matthew Modine rivela di essere non solo attore emozionante ma anche straordinario fotografo e il suo diario dei giorni sul set, del dietro le quinte - immortalando le pause, le sospensioni, le attese del capolavoro che si andava costruendo - è impressionante.
“E’ la voce di un ragazzo che con questo genio parlava di fotografia per poter parlare con lui – ci racconta – Kubrick mi ha dato il permesso di fotografare il set. Mi ha detto che la macchina fotografica che stavo usando era una merda e me ne ha comprata una bellissima, quella che usano i paparazzi nella Dolce Vita, e quando hai in mano una macchina bella la gente si comporta in modo diverso davanti all’obiettivo. Ero attento a catturare un momento particolare, non scattavo foto a ripetizione. Ogni giorno che passava il film continuava ad evolversi. Alla fine Stanley ha apprezzato le mie fotografie”

Pacifista convinto, ricorda così quei giorni “E’ stato un grandissimo onore fare parte di quel gran film che dopo tre decadi rimane con la stessa forza. E’ un film sulla distruzione e la disumanizzazione dei giovani, mostra ciò che non deve più accadere ad altri. I film di Kubrick possono essere visti come un viaggio dell’Umanità per arrivare a risolvere i propri problemi al di fuori della violenza”. E aggiunge “Se devo essere ucciso per le mie idee, preferisco essere dalla parte di Gesù Cristo o di Gandhi”.
Presto lo rivedremo al Cinema nel film su Steve Jobs, ma del Cinema lo emoziona soprattutto il periodo d’oro che le città italiane gli evocano “E’ sempre bello tornare in città come Roma in cui si respira la Cultura. Si è parlato tanto della Dolce Vita, dell’epoca d’oro del Cinema e per capire il presente dobbiamo capire il passato, per fare cinema oggi dobbiamo conoscere e ricordare quella grande era del Cinema”.