Luca Argentero, il professore Sognatore che tutti vorrebbero

28/03/2013

“Anche se mi sono sentito terribilmente invecchiato – ora mi scelgono per il ruolo di professore invece che per quello di studente! - mi è piaciuto tornare a scuola. Ho sempre amato la scuola, ero un buon studente, ho avuto buoni professori, una categoria bistrattata che invece svolge un ruolo importantissimo nell'educazione non solo culturale dei ragazzi. Oggi amo rileggere quei libri tipo I Malavoglia, le opere di Calvino o di Dostoevsky, quando leggerli non era più un'imposizione; e poi amo anche leggere cose più commerciali, per curiosità, per capire – da aspirante giovane produttore -  cosa ama il grande pubblico. Infatti avevo già letto il romanzo prima ancora di sapere che ne sarebbe stato tratto un film”
Luca Argentero è il Sognatore, cioè il professore di storia e filosofia (nel film: di letteratura italiana) di “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, il film che Giacomo Campiotti ha tratto dall'omonimo romanzo best seller di Alessandro D'Avenia. Leo invece ha il volto di  Filippo Scicchitano.
“Io invece sono più simile al Luca di “Scialla”: a scuola ero un lavativo, tanto che a 15 anni l'ho lasciata. Se ora rimpiango la mia scelta? Forse se avessi avuto una guida come il Sognatore...ma conoscendo il me stesso di tre anni fa probabilmente nemmeno in quel caso avrei continuato!  Del resto non sono molto cambiato, il libro l'ho letto solo per obbligo professionale...”
E come è stato il vostro rapporto sul set?
“Ci siamo divertiti molto”
“Le risate e i momenti di cazzeggio erano necessari per prenderci una pausa, soprattutto Filippo ha avuto delle scene molto intense, come quella in cui piange in bagno: stavo male io per lui, dover tenere quell'intensità per ore! Comunque, evitando di farci le seghe, devo dire che sono rimasto molto colpito da questi giovani, dalla loro serietà e dal loro atteggiamento verso il lavoro. È stato molto positivo il contatto con loro, pensavo di poter dare loro dei consigli e invece al contrario sono stato io a imparare da loro. Temo che fra poco tempo questi ragazzi manderanno a casa me, Scamarcio e gli altri della mia generazione!”
“Ma sei anche tu un po' un Sognatore?”
“Certo, io sono un sognatore! Anzi, sto vivendo il mio sogno: faccio il lavoro che amo e che sognavo di fare!”

A Giacomo Campiotti riescono bene i film sui giovani. Riesce a trasmettere il loro modo di fare e parlare senza cadere nella trappola del film giovanilistico; sa scegliere bene i volti e sa dirigere, sia nel reparto ragazzi che in quello adulti (qui, oltre al protagonista, ricordiamo Silvia e Beatrice, Aurora Ruffino e Gaia Weiss, e il padre tratteggiato da Flavio Insinnia ); sa scrivere storie toccanti senza cadere nella lacrima facile. Stavolta si riconferma sui primi due punti, ma purtroppo il terzo gli sfugge un po' di mano, trascinato dalla musica dei Modà, scivolando un po' troppo nel melenso rispetto agli standard abituali o al libro stesso. C'è da scommetterci comunque che i giovani, che sono il target a cui il film si rivolge, apprezzeranno. Ciò che D'Avenia teme è però qualcosa di più sottile:
“Quando uno legge un libro si affeziona a una propria visione dei personaggi  e della storia, a certe pagine e frasi, soprattutto quando si legge da adolescenti, nell'età cioè in cui si è più malleabili e impressionabili, come creta: un libro che ami a 16 anni ti rimane dentro per sempre e nel modo in cui lo hai letto la prima volta. Temo che qualcuno possa rimanere male per certi cambiamenti magari dettati da necessità di casting: per esempio, perché Beatrice è diventata francese? Perché Leo ha l'accento romano?”
E lei cosa ha pensato dopo aver visto il film intero per la prima volta? E cosa le è piaciuto di più e cosa di meno?
“Non ho pensato a niente: ho pianto. L'emozione che mi ha trasmesso è proprio una delle cose che mi sono piaciute di più. La scena del ballo, con la canzone “Se si potesse non morire”, è la mia preferita. Poi mi è piaciuta la lavorazione, la riscrittura e collaborazione con altri, vedere come la storia si arricchiva e diventava più bella. Mi sono piaciuti gli attori: Flavio mi ha molto colpito come ha addolcito il personaggio, e Filippo l'ho voluto io. Mi è piaciuto il finale diverso, credo che mantenga maggiormente in sospeso, “come andrà a finire?”. Infine mi è piaciuto veder concretizzarsi certe cose che nel libro eran solo mentali: per esempio lo scontro tra Leo e il Sognatore era solo verbale, ma io me lo immaginavo come un incontro di boxe, e sullo schermo i due boxano realmente. C'è solo una cosa che non mi è piaciuta: la battaglia che ho dovuto fare per mantenere il titolo. Già avevo faticato con Mondadori, dove dicevano  che era troppo lungo; qui oltre che lungo era giudicato inadatto, non volevano che comparisse la parola “sangue”, era un tabù: io ho detto che o si manteneva quella parola o non se ne faceva niente”
In effetti i cambiamenti sono molti e sono validi, quasi tutti dettati dalla necessità di una maggiore costruzione drammaturgica, di un approfondimento dei personaggi minori (nel libro è tutto filtrato dallo sguardo di Leo, qui c'è più oggettività), di una resa cinematografica. Alcuni però sono un po' forzati  e in particolare il fatto di aver ristretto la durata degli eventi da un anno a 3 mesi porta una nota stonata che infastidisce non poco.
Su un punto siamo però perfettamente d'accordo con lo scrittore: finalmente un film italiano in cui il professore non è uno sfigato, ma è felice d'essere un insegnante.
“Perché io sono felice d'esserlo: certo, a volte i giovani sono scoraggianti, ma basta che ci sia un 10%, che dico, un 1% che segue, che capisce, che ha bisogno di me e io sono felice, mi basta tirar fuori la bellezza da un 1% di ragazzo e so che tutto ha senso. Ho cominciato il libro facendo le fotocopie a scuola, coi ragazzi al primo anno. Ora sono maturandi. Han visto uscire il “loro” libro, han visto girare il film nella loro scuola ( con le ragazze compostissime, mentre le mie colleghe assaltavano letteralmente Argentero!)... Per me la storia di questo libro è il compimento di un sogno”
Parola di Sognatore.

Elena Aguzzi