Mi rifaccio vivo: parlano il regista e il cast

15/05/2013

Portato al suicidio da un’eterna rivalità, ma con la possibilità di reincarnarsi per compiere una buona azione, un industriale frustrato torna in vita, ma con l’intento di riuscire finalmente a distruggere il nemico di sempre, invece....
Nel vedere questa commedia surreale con cui Sergio Rubini torna a cambiare agilmente registro e, da film forti e intensi, passa alla leggerezza e preme sul tasto della comicità, viene da pensare a “Il Paradiso può attendere” e a quel filone di storie in cui il protagonista, da un fiabesco Aldilà, si ritrova a vivere una seconda vita. Ma l’idea di Rubini nasce da altro.
“La mia idea originale era fare un film sulla riconciliazione, la riappacificazione, l’arrendersi al fatto di conoscere il nostro nemico che poi non ci spaventa più. Il film parte da questo presupposto e intorno abbiamo costruito la storia e i personaggi. Poi ti accorgi che la tua idea ha dei punti di riferimento, uno ricorda Il Paradiso può attendere o La Vita è meravigliosa, i film in cui si ritrova il tema del ritorno. Perché il Cinema è il luogo in cui si racconta anche ciò che sfugge alla realtà. Penso che ogni storia abbia il suo genere, e questa storia poteva essere raccontata in commedia, perché una parabola così grande (un antagonismo che porta al suicidio e che poi si trasforma in una grande amicizia) può stare in piedi con una commedia”.
Con tanto di lieto fine. “Un tempo il lieto fine mi sembrava una cosa un po’ superficiale, trovavo più profondi i finali in sospeso, ma o sono invecchiato o è colpa di questo periodo di crisi, in un momento come questo un finale incerto mi sembrava una cosa un po’ vigliacca”.
"Mi rifaccio vivo" è, abbiamo detto, una commedia surreale, che parla della seconda occasione. Come ben definisce Lillo Petrolo, il protagonista che ritorna con in prestito il corpo di Emilio Solfrizzi per incontrare l’odiato Neri Marcoré. “La mia comicità vive di surreale, è basata sul nonsense, mette in scena la realtà vista dalle angolazioni più assurde. Quindi già la storia, con il suo lato surreale, mi attirava da morire. E mi piaceva non essere regista di me stesso, ma mettermi a disposizione di un regista, che mi aiuta a trovare altre sfumature. E poi la mia stessa vita professionale è basata su una seconda occasione, la vita ti riserva sempre delle sorprese, e mi piaceva interpretare un film che parla di una seconda chance”.
“Ogni giorno che viviamo offre un’altra opportunità, imparando dagli errori – prosegue il regista- e il film racconta appunto quest’altra opportunità, la possibilità di cambiare la nostra vita pensando agli errori fatti o subiti.”
Rubini ha messo insieme un cast affiatato e divertente, un cocktail ben riuscito di comicità diverse. “Ho diretto Solfrizzi in passato in La Terra, che era un film drammatico, ma conosco anche il Solfrizzi comico e volevo utilizzarlo in quella chiave perché è un comico della vecchia guardia, di quelli che sanno inciampare e cadere. L’ho visto con Neri e mi sono sembrati una coppia forte. Poi sono approdato a Lillo e mi auguro di tornare presto a lavorare con lui.  E accanto a due figure di donne nevrotiche, interpretate da Margherita Buy e Valentina Cervi, ho voluto contrapporre una femminilità che non spaventi e che non ti renda nevrotico, rappresentata da Vanessa Incontrada”.
“Sì, avevo già lavorato con Sergio in quel film bellissimo in cui avevo messo in luce il mio lato drammatico e da tempo volevamo fare un altro film insieme, ma con un personaggio assolutamente liberatorio – sottolinea Solfrizzi – Sergio sa che considero il fisico un linguaggio da sostituirsi alle parole, e questa era una di quelle feste a cui ti piace andare perché sai già che ti divertirai”.
“Non c’è stato neppure bisogno di leggere la sceneggiatura – dice Marcoré – Sergio è un grande affabulatore e sull’onda del racconto che mi ha fatto la storia mi è subito sembrata divertente e non banale”.
Il suo personaggio, il sempre vincente Ottone Di Valerio, cambia agli occhi del suo antagonista, e noi lo vediamo cambiare allo stesso tempo, gradualmente. Come è stato per Neri Marcoré, interpretarne le due facce?
“I personaggi non sono monodimensionali e il lavoro interessante per noi attori è seguirli mentre si sviluppano. Il cambiamento di Ottone è visto dallo spettatore quando i due avversari si conoscono meglio. Allora si scoprono le sue crisi di panico e lo scorgere debolezze e fragilità in una persona fa sì che si sia più compassionevoli. Essere costretti a uscire per forza vincenti crea inevitabilmente qualche disastro dentro...”

Gabriella Aguzzi