Scelto per aprire a Gerusalemme le celebrazioni ufficiali della Giornata della Memoria, “Anita B.” di Roberto Faenza si distingue dagli altri film sul tema perché racconta non Auschwitz ma il “dopo Auschwitz” attraverso gli occhi di un’adolescente sopravvissuta ai campi. “Non abbiamo voluto realizzare un altro film sull’orrore – dice il regista – La novità di questo film è raccontare il “dopo”, confrontarsi con un tragitto diverso, che il Cinema ha trattato pochissimo”.
Tratto dal romanzo di Edith Bruck “Quanta stella c’è nel cielo”, il film di Faenza restituisce il personaggio di una ragazza che ha conservato il candore nonostante le sofferenze vissute e torna ad affacciarsi alla vita e alla scoperta dei sentimenti. Con un bagaglio di ricordi dolorosi che non può condividere perché è circondata da un mondo che ha scelto di dimenticare.
“Abbiamo cercato di fare il film dalla prospettiva di Anita – racconta ancora Faenza – con il candore e l’ingenuità di lei, che convinta di essere accolta e trova invece ostilità. La Palestina per lei è un sogno, come sognano tutti i ragazzi, è l’andare verso qualcosa che si pensa possa essere bello e diverso”.
Racconta la giovane Eline Powell, che interpreta Anita “E’ stata un’esperienza straordinaria interpretare questo ruolo, anche se è stato un fardello faticoso da portare. Ho fatto molte ricerche e ho anche visitato un campo e ricordo una sensazione di freddo quale non avevo mai provato. Ma poi ho lasciato sedimentare tutto questo e mi sono concentrata sul ruolo. Anita ha un background traumatizzante, ma la sua storia è semplice, vive relazioni affettive, scopre il primo amore. A sostenerla è la speranza che ha e che trova, soprattutto alla fine quando decide di andare avanti e la sua speranza ha una destinazione: andare verso la vita”.
Idolo delle teenager per la serie televisiva The Misfits, Robert Sheehan descrive le diverse sfumature del suo personaggio e la chiave che ha voluto dargli “Il mio personaggio è facile da leggere e sarebbe stato semplice interpretarlo su un solo registro: nel libro infatti è un vero stronzo. E’ più interessante riscaldare il personaggio e dargli più complessità, non mostrarlo in un solo aspetto ma mostrare le sue motivazioni, perché è così duro e spietato da costringere ad una cosa atroce come l’aborto. Il mio approccio con un personaggio è istintivo e qui c’è stato subito l’impatto”.
Infine, nel ruolo di “zio Jacob” troviamo Moni Ovadia, che ha contribuito anche alla revisione della sceneggiatura introducendo alcuni dialoghi in yiddish “Interpretare questo cameo è stato come nuotare nel mio stagno. E’ un personaggio autorevole, che si è dato il compito di aiutare tutti quelli che hanno bisogno di aiuto.