William Friedkin e Patrick McGrath si confrontano a "La Milanesiana"

09/07/2008

Esordisce intonando il motivo dell’Armata Brancaleone (William Friedkin è un grande ammiratore di Monicelli e ha appositamente richiesto a “La Milanesiana” di proiettare “I Soliti Ignoti”) e termina l’incontro conducendone il coro, al quale si unisce anche Patrick McGrath. “Ma perché tante donne nel pubblico? – chiede sorpreso Friedkin -  Nei miei film sono tutti macho, non mi aspettavo un pubblico femminile!” “Non è detto che siano qui per te” gli fa eco l’inglesissimo McGrath.
Non ci si sarebbe aspettati che l’incontro tra il regista del terrificante “L’Esorcista” e l’autore di romanzi sui traumi della mente (“Trauma”, appunto, il titolo del suo ultimo libro) si sarebbe rivelato divertente. E William Friedkin, ospite a “La Milanesiana” per il secondo anno consecutivo, si riconferma un uomo allegro, a cui piace scherzare con il pubblico. Come mai i suoi film sono così cupi mentre lui è così socievole e brillante? “Cupi? Lo saranno per voi, non per me. Io mi diverto a girarli. E poi quando fai un film ti nascondi dietro la storia e i suoi personaggi, devi diventare invisibile. Ma qui sono io, e non mi nascondo più dietro un film”. E aggiunge “Proust iniziò La Recherche in risposta ad un critico che sosteneva che, leggendo uno scrittore, capisci chi sia. Prousr invece diceva che lo scrittore non è la sua opera, ma l’opera nasce da un altrove. D’altro canto Flaubert affermava: Madame Bovary c’est moi”
“E per voi?” viene spontaneo chiedere. Per McGrath l’ispirazione nasce da “un frammento, un dettaglio, una vaga idea che promette una storia, un nodo che i scioglie e da cui compare un altro nodo più interessante”. Io mi immagino sempre uno spettatore ideale – dice Friedkin – Scelgo un paio di facce a cui raccontare una storia, me li vedo davanti”. Per “Il braccio violento della legge” tutto è nato dalla conoscenza con due poliziotti, per “Vivere e morire a Los Angeles” mi ha colpito la stranezza, l’ironia del destino, della gente dei Servizi Segreti che un giorno è lì a proteggere la vita del Presidente degli Stati Uniti e il giorno dopo si trova ad inseguire qualcuno nel ghetto per una carta di credito falsificata.”

 “La Milanesiana”, l’iniziativa culturale ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, ha il preciso scopo di mettere a confronto autori diversi tra loro, provenienti dal Cinema, dalla Letteratura, la Scienza, la Musica, la Filosofia. A volte risultano un po’ casuali, lasciando gli artisti a disagio a dibattere su temi astratti, o con accostamenti troppo arditi. Altre volte, invece, come nel caso di Friedkin e McGrath, l’alchimia è perfetta e lo scambio culturale proficuo non solo per chi li ascolta. Sul palco della Sala Buzzati c’erano due autori elegantemente ironici eppure profondi nel raccontare i tormenti e le contraddizioni della psiche umana. “La Mente e il Cinema”: questo il titolo dell’incontro e Patrick McGrath, figlio di psichiatra con l’infanzia trascorsa in manicomio, racconta “Devo scrivere storie disturbanti perché sono le uniche che sono in grado di raccontare. Se il lettore si sentisse felice e confortato mi riterrei fallito come scrittore”. “Quelli che riteniamo disturbati non capiscono forse il mondo, il senso della condizione umana, con più sensibilità. – dice Friedkin - Quando ti accingi a creare qualcosa devi o far ridere come Monicelli, o far piangere come De Sica, o far spaventare come Dario Argento. Poi ci sono personaggi come Hitchcock o Fellini che riescono a raggiungere questi tre obiettivi contemporaneamente.”
Il rapporto tra Patrick McGrath e il Cinema, dopo che romanzi come “Follia” e “Spider” sono stati tradotti per lo schermo? “Spider è raccontato in prima persona da uno schizofrenico, da una mente sconvolta da allucinazioni. Sembrava impossibile tradurre queste emozioni in immagini. Nella sceneggiatura avevo scritto molte scene con la voce fuori campo, ma Cronemberg le ha eliminate tutte, ha strappato pagine e pagine finché ho detto: ma non resta più niente! Ma aveva un attore come Ralph Fiennes e così la fisicità del Cinema ha espresso l’intenso tormento che esisteva nella mente del protagonista.
Ho sempre avuto invidia per i cineasti, sono sempre stato meravigliato di come un uomo possa tirare le fila tra tante persone e allo stesso tempo creare qualcosa di artistico.” “
E la musica è potentissima in un film – sottolinea Friedkin – Immaginatevi Momenti di gloria senza musica. E’ solo un uomo che corre”
La richiesta di un “messaggio” conclusivo mette a disagio McGrath, che non perde il suo sense of humor. “Speravo che mi chiedessero: qual’è il tuo film preferito? E invece è arrivato: qual’è il significato della vita? Con l’età se ne cambia la visione. Forse dobbiamo pensare se abbiamo trascorso questo tempo nel modo migliore”. “Un tempo, quand’ero più giovane, non era spaventato da nulla, come se avessi potuto vivere per sempre. La sola cosa che mi terrorizzava erano i risultati di laboratorio delle pellicole” conclude Friedkin.

"Dal libro al film": Spider di McGrath

Gabriella Aguzzi