Perez. L’antieroe di Zingaretti

02/10/2014

Perez. Punto. Perché il protagonista del film di Edoardo De Angelis, interpretato da un impeccabile, sofferente Luca Zingaretti è arrivato ad un punto della sua vita e ne cambia la rotta. Avvocato d’ufficio delle cause più disperate, ha da tempo smesso di vivere. E’ un uomo assente, spettatore di se stesso. Ma poi qualcosa lo cambia e Perez si incammina su una strada senza ritorno e nel momento di estremo pericolo entra in contatto col proprio lato oscuro.
E’ lo stesso protagonista a descrivercelo. “Perez sta andando quasi volontariamente alla deriva, ha perso il gusto della vita, ma la sua esistenza è attraversata da qualcosa che mette in pericolo l’unica cosa che ancora lo interessa su questo pianeta, sua figlia. E nel vedere minacciata la sua cucciolata entra in azione per difenderla. Fa così il bilancio della sua vita, che forse vale ancora la pena di essere vissuta”
“Come ha vissuto il cambiamento del suo personaggio, che è graduale, ma scatta nel momento in cui gli puntano una pistola in fronte?”.
“Sì, tutto ha inizio in quel momento e Perez infatti dirà ‘Mi è come arrivata una scossa’. Di fronte alla minaccia reagisce, tanto che i rapinatori scappano e allora si risveglia in lui questo bambino dormiente. E niente può più arginare questa spinta vitale. Mi è molto piaciuto analizzarlo in fase di elaborazione del personaggio.”
“Da cosa è rimasto affascinato come attore e come produttore?”
“Come attore sono rimasto attratto dalla bellezza della storia che mi veniva proposta. E come produttore vagheggiavo da tempo questo divertimento. Mi piace molto il Cinema d’Autore che ha una sua personalissima visione del mondo ma che allo stesso tempo vada incontro al pubblico. Il modello è De Sica, che aveva una capacità di straziare che ti commuoveva. Ha poco senso parlare a un’élite culturale, ma un film, anche sofisticato, può avere delle qualità empatiche per arrivare a tutti. Lo spettatore deve poter tornare a casa con una sensazione di pienezza”.

Ed è il caso di Perez. girato in una Napoli inedita nel grigio metallico dei grattacieli e con il sapore del noir. “Non volevo fare un film di genere, ma molti elementi del Noir mi sono venuti in soccorso – dice il regista De Angelis – Ho voluto usare un linguaggio specifico per questo film, creare un’estetica che fosse un po’ un ibrido tra una ripresa pulita e il mantenere il respiro addosso al protagonista. Ho esasperato i colori metallici per dare risalto alla sofferenza del protagonista, inquadrarne le rughe nate dalla mancanza di sonno, e ho virato poi alla fine sui colori pastello.”
E allo stesso tempo, come sottolinea Zingaretti “E’ un film che ti colpisce e ti tiene legato, il racconto prende un’accelerazione straordinaria e ti lascia con una sorta di fiatone adrenalinico”.
Il regista lo definisce “la storia di un uomo che ritorna in possesso della propria identità. Nel suo cammino c’è un cambio di metro di giudizio e alla legge sociale sostituisce la legge di natura”.
A determinare il cambiamento è fondamentale il confronto con l’amico Ignazio, anche lui avvocato d’ufficio, anche lui alla deriva senza riuscire ad accettare la morte del figlio. “Rappresenta la sua coscienza più cinica e anche il rischio più grande che Perez può correre. Davanti a lui Perez si rende conto che se non salva la figlia decreta la sua stessa morte e realizza di non avere scelta. Fa da contraltare a Perez perché il suo futuro è alle spalle, per Perez c’è la rinascita, il tornare a vivere. E rappresenta anche quell’ultimo filo che gli è rimasto col mondo, quello di un amico”.
A interpretare il villain è Marco d’Amore “E’ un personaggio scritto per essere l’antagonista – dice – ma lascia un senso di ambiguità. Il suo punto di partenza è quello dell’innamorato. E il film pone e lascia in sospeso molte domande”.

Gabriella Aguzzi