La lezione di Gabriele Salvatores

30/03/2015

“Prima del Cinema c’è stato il Teatro, che era la cosa più vicina al Cinema che potessi raggiungere, e prima ancora la Musica, il mio più grande desiderio era fare la rockstar. Mio padre mi voleva avvocato e io mi ero iscritto a Giurisprudenza, ma l’unico avvocato in cui riuscivo a identificarmi era Jack Nicholson in Easy Rider” così inizia a raccontarsi Gabriele Salvatores, davanti agli studenti della Civica Scuola di Cinema, che coltivano gli stessi sogni, e a loro racconta le prime tappe della sua multiforme carriera, infittendo di curiosità l’interessante appuntamento degli Incontri della Civica. “Fondare il Teatro dell’Elfo è forse l’unica vera utopia realizzata nella mia vita. Poi ‘Sogno di una notte d’estate’ è diventato un film. Era un musical rock sulle musiche di Mauro Pagani, ma il testo shakespeariano era pieno di songs e ho la presunzione che Shakespeare avrebbe apprezzato la scelta. Quando ho girato il film tecnicamente non sapevo nulla di Cinema, ma ho avuto due guide, Dante Spinotti e la montatrice Gabriella Cristiani. Con quel film ci siamo un po’ inventati il videoclip”.
E’ stato allora che ho incontrato per la prima volta Gabriele Salvatores e ripercorrerne il cammino ora è attraversare un viaggio di ricordi, di poco posteriori a quei “ricordi in bianco e nero” che citava in “Marrakech Express”. Ricordo la lunga chiacchierata ascoltando i dischi di Tom Waits, quando anche lo spettacolo “Comedians” si trasformava nel film “Kamikazen” lanciando tutta quella generazione di attori che rispondono ai nomi di Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando, Gigio Alberti, Bebo Storti.... Poi sono arrivati i film sulla Fuga, il ricorrente tema del viaggio, Marrakech Express, Turné, Mediterraneo, Puerto Escondido, e il lungo sodalizio con Diego Abatantuono.
“Con Marrakech Express avevo riunito quattro attori che non avevano mai lavorato insieme e venivano da esperienze diverse. Abbiamo preso un pulmino e siamo partiti realmente da Milano, girando in sequenza dalla prima scena all’ultima, quasi un docu film, ci mettevamo a riscrivere le scene sul posto se il clima era diverso da quello pensato per la scena. E così il pubblico alla fine li vede abbronzati e amicissimi, come in effetti è stato. Anche in Mediterraneo il gruppo si è creato davvero, rimanendo chiusi nell’isola”

E con Mediterraneo arriva l’Oscar e il cambio di registro, per soddisfare quella voglia di passare dal comico al drammatico. “Come per Spiderman che acquista il suo superpotere quando viene punto da un ragno, il mio ragno si chiama Oscar che mi ha dato questa specie di superpotere, la possibilità di sperimentare cose nuove.”
Attraversa tutti i generi cinematografici Salvatores, prova perfino, con Nirvana, la fantascienza, avvenimento rarissimo in Italia. “A Nirvana sono molto affezionato. Certo girare Interstellar o Gravity in Ialia è impossibile, ma la fantascienza ha tanti livello e il cyberpunk era possibile. Lo scopo è raccontare in forma fantastica una storia che parla di te. Non credo riuscirò mai a girare un film interamente realistico, la vita di tutti i giorni mi terrorizza, è per questo che continuo a fare Cinema. Se ci fate caso la parola Fantascienza è un ossimoro, ma Dick diceva: ‘se crei un mondo finto devi renderlo il più credibile possibile’. Shakespeare, che per me rimane il faro da seguire, è uno dei più grandi autori di fantascienza, insieme ad Omero”.
E di film in film arriviamo a “Il ragazzo invisibile”. “Quando giro un film da un soggetto di altri ceco per prima cosa di individuarne il cuore emotivo. Qui riconoscevo l’aggancio poetico: la voglia, e insieme la paura di essere invisibile, che ho provato tante volte”.
E’ sempre un piacere ascoltarlo, mentre impartisce i suoi insegnamenti di saggezza cinematografica “Wim Wenders dice: ogni macchina da presa ha due obiettivi, quello che parte da te e quello che va verso di te, quando questi obiettivi si incontrano è Cinema. Il Cinema è rievocare fantasmi. Il Teatro racconta con le parole, Shakespeare ripeteva tante volte ‘lasciate che le parole evochino’, il Cinema è immagine. Il Teatro è una storia d’amore che va reinventata notte dopo notte, il Cinema è una passione che si consuma in un weekend, e devi dare il massimo.” Ma i suoi film sono ugualmente pieni di battute memorabili “Lasciavo gli attori liberi di improvvisare. Il difficile, per gli attori, è ritrovare il tempo insieme agli altri dopo un assolo, ma tra attori affiatati non c’è questo pericolo”.
E nell’era dei social network ha un rimpianto, di quando si stava insieme e ci si incontrava davvero, perché se da una parte siamo avvicinati dall’altra si è isolati sempre più. Ricorda ancora quegli Anni Settanta in cui tutto è iniziato, tra fatiche e speranze. “Faceva un bel calduccio tra noi. Come dicevano nel Grande Freddo: fa freddo là fuori. Il pensiero che c’era gente, altrove, che faceva qualcosa di simile a quello che noi stavamo facendo ci riscaldava, era un momento molto creativo”.

Gabriella Aguzzi